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Un neo luminoso nella provincia pallida

di Laura Bevione
  M. Berisso-F. Vazzoler, Teatro del Lemming (copertina)
Data di pubblicazione su web 08/02/2003  
Lemming è il titolo di un brano del gruppo rock inglese Van der Graaf Generator, assai amato dai fondatori della compagnia, ma è soprattutto il nome di un roditore diffuso nella penisola scandinava. Questo animale, dopo aver prolificato, si mette in viaggio, spinto dall'istinto ma senza meta e quasi freneticamente, fino a giungere a gettarsi nelle acque dell'oceano.

L'idea di teatro che muove il Teatro del Lemming, gruppo teatrale fondato nel 1987 a Rovigo, è appunto centrata sulla valorizzazione degli istinti, che non devono essere repressi ma anzi stimolati, al fine di provare e suscitare emozioni. I fondatori della compagnia, un insolito e luminoso neo nella pallida provincia veneta, sono Massimo Munaro e Martino Ferrari, entrambi con interessi non esclusivamente teatrali: il primo musicista e "erborista" nel negozio di famiglia, il secondo (purtroppo prematuramente scomparso in un incidente nel 1993) scenografo ma anche appassionato delle scienze.

Queste stravaganti conoscenze e passioni concorrono all'elaborazione di una drammaturgia originale che mescola teatro, musica (che non solo accompagna la rappresentazione ma spesso cadenza i movimenti degli attori), video (fondamentale l'apporto del fotografo e videomaker Roberto Domeneghetti) e danza (sempre più pervasiva con l'inizio della collaborazione con il danzatore e coreografo belga Thierry Parmentier). Gli autori prediletti sono, fra gli altri, Brecht, Pessoa, Büchner, i tragici greci, ma i testi di partenza vengono sempre profondamente manipolati in funzione di un'idea registica affatto nuova e articolata.

L'uso non meramente funzionale degli oggetti e la manipolazione di materiali vari, la massima attenzione riservata ai movimenti coreografici e la volontà di creare una profonda intimità del rapporto fra gli attori sulla scena così come fra questi e il pubblico sono invece gli aspetti che ne connotano il lavoro. La necessità di coinvolgere gli spettatori, stimolandone tutti i cinque sensi, è particolarmente avvertita dal Lemming, come testimonia lo spettacolo Edipo. Una tragedia dei sensi (1996), il primo di una tetralogia che comprende anche Dioniso. Tragedia del teatro (1998), Amore e Psiche. Una favola per due spettatori (1999) e Odisseo. Viaggio nel teatro (2000).

In Edipo lo spettatore stesso è protagonista dell'allestimento: gli attori "intervengono sullo spettatore-attore, [...] guidandolo a compiere le azioni previste da un rigido copione. Nel contempo, anch'essi dovranno adeguare la propria azione alle reazioni dello spettatore-attore, sia seguendo le alternative previste dal copione, sia mutando il proprio atteggiamento verso di lui in termine di rapporto, quindi di 'recitazione'" (p. 73). Anche per questa attenzione rivolta al pubblico, di cui si vuole scuotere l'usuale passività, quello proposto dal Lemming è definito un "teatro pedagogico".

La compagnia, a differenza di molti gruppi cosiddetti d'avanguardia, rifugge ogni tentazione di elitarismo ma tenta di ridefinire in termini più diretti e "sinceri" i ruoli dello "spettatore" e dell'"attore". Muraro e i suoi lavorano con l'obiettivo primario di evitare il "rischio strutturale del teatro", vale a dire cercando di schivare la tendenza propria della scena contemporanea a essere "struttura estetica e sociale prima ancora che momento di pura rappresentazione" (p. 91). L'accento è posto sulle emozioni e sullo stimolo dei sensi, troppo spesso atrofizzati, non solo degli spettatori ma degli stessi attori.



 

La segnalazione del libro Teatro del Lemming, di M. Berisso e F. Vazzoler, su drammaturgia.it



 
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