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Il Tennis dei maestri

di Fabio Tasso
 
Data di pubblicazione su web 01/05/2004  

La sorpresa arriva, inaspettata, uno degli ultimi giorni di giugno, dopo mezzanotte. Uno zapping obbligato nell'insopportabile calura estiva tra le varie amenità televisive serali induce infine a fermarsi sul vero caso televisivo italiano, La7, l'unica rete che sfugge al duo(mono?)polio nazionale. E qui, incredibile a dirsi, ci sono due giovani vestiti di bianco che sembrano inequivocabilmente stare giocando a tennis su un campo verde un po' spelacchiato, che agli amanti del gioco sprovvisti di abbonamento cable-tv è subito familiare, riportando alla mente un passato che fu; anche il commento femminile, peraltro, scatena piacevoli ricordi d'annata. Come amava dire un noto presentatore (anch'esso icona di un lontano passato), la domanda sorge spontanea. Il tennis in televisione "in chiaro"? Ma è uno scherzo?

E invece no, niente affatto. Perché quest’anno su La7, tra mezzanotte e l'una c'è il tennis, e che tennis: c'è Wimbledon. In chiaro. Gratis. A commentarlo, una voce storica dell'ex Telemontecarlo: Lea Pericoli. Questi da sempre sono gli orari del tennis in televisione, ma eravamo rimasti che la televisione si era dimenticata che esistesse il tennis. È tutto vero? E se lo è, come sembra, cosa abbiamo fatto per meritare tanto?

Wimbledon, come si sa, è il tempio del tennis. Molto semplicemente, è il torneo più importante del mondo, ma è difficile spiegare il motivo: forse perché si gioca sull'erba, dove ormai non si gioca più da nessuna parte o quasi; forse perché si gioca in Inghilterra, e il tennis, come altri sport, l'hanno inventato gli inglesi. Sia come sia, il fascino di Wimbledon è ancora oggi immutato. Lo hanno vinto, solo per parlare di anni più o meno recenti, campioni del calibro di Borg, McEnroe, Sampras tra gli uomini, Navratilova, Evert, Graf tra le donne (e non l’ha mai vinto gente come Lendl, Courier, Seles; anche questo è parte del suo fascino). Scorrere il suo albo d'oro fa girare la testa a chi abbia solo una vaga conoscenza di questo sport.

The Williams Power
È risaputo che i tornei femminili del Grande Slam iniziano davvero soltanto in semifinale. Prima è accademia, con le teste di serie impegnate a decidere quanti game lasciare alle avversarie e qualche (rara) sorpresa: tra queste, la bravissima Silvia Farina, che raggiunge i quarti e riesce addirittura a strappare un set a Kim Clijsters. Così in semifinale arrivano nella parte alta del tabellone Serena Williams e Justine Henin, nella parte bassa Venus Williams e la Clijsters: ovvero, le prime quattro del ranking WTA. Se il tennis femminile è prevedibile, di certo non è noioso. Le semifinali sono uno spettacolo sbalorditivo. Serena distrugge in due set la Henin, che pure aveva giocato un ottimo torneo ed era fresca vincitrice di Parigi, lasciandole solo cinque game. Ma il vero capolavoro lo compie Venus, che pur infortunata riesce ad avere ragione della combattiva Clijsters, mettendone impietosamente a nudo tutte le carenze tattiche. Così la finale, come l'anno scorso, è un affare della famiglia Williams: le due sorelle si ritrovano l'una contro l'altra. Il loro tennis è impressionante, a tratti irresistibile; giocano in apnea, e in apnea le segue il pubblico del Central Court e noi da casa. Serena e Venus non si risparmiano, picchiano con rabbia su ogni palla come se entrambe giocassero contro la più perfetta sconosciuta, nei cambi di campo nemmeno si guardano in faccia. Nel terzo set Venus, ancora infortunata, esce dal campo per venti minuti buoni e quando torna non è più lei. Serena rivince come nel 2002, e alla fine le due sorelle si ritrovano fianco a fianco a scattare foto per un album che nessun'altra famiglia al mondo può vantare.

L’astro nascente.
Il torneo maschile, al contrario, è pieno di colpi di scena. Al primo turno Lleyton Hewitt, detentore del titolo, esce clamorosamente contro un signor nessuno. Rusedski prende alcune migliaia di dollari di multa causa insulti all’arbitro per un punto contestato. Escono anche Tim Henman, idolo di casa, e Ferrero, che però è un terraiolo e qui fa fatica. Agassi, unanimemente considerato il migliore al mondo nella risposta al servizio, prende 46 ace dall’australiano Mark Philippoussis ed esce anche lui. Tra le teste di serie rimangono lo svizzero Roger Federer e l’americano Andy Roddick, che si affrontano in semifinale. Sembra di assistere a un Sampras-Agassi di qualche stagione fa, e il paragone non è azzardato: Federer ha dichiarato più volte di ispirarsi proprio a "Pistol Pete", mentre Roddick attacca di potenza da fondo campo proprio come Agassi e il suo trainer è Brad Gilbert, che ha allenato Agassi per molti anni.

La differenza tra i due tennisti è evidente: tanto Roddick è sgraziato, meccanico e involuto nei movimenti quanto Federer sembra uscito dalle illustrazioni di un manuale del tennis. Roddick ha ben giocato finora, ma il match non ha storia: Federer si impone in tre set. Alla fine il povero Roddick esce dal campo e negli occhi si legge tutta la sua frustrazione: ci ha provato in ogni modo, ma è stato chiaro a tutti fin dall'inizio che non aveva nessuna possibilità.

Se Federer ricorda Sampras e Roddick Agassi, Mark Philippoussis è più simile a tennisti come Richard Kraijcek o Goran Ivanisevic. Alto ben oltre l'1.90, "Ace Man" ha nel servizio l'arma migliore, come ha efficacemente dimostrato contro Agassi. Ma anche il suo destino è segnato.

Nella finale, l'australiano è attento e concentrato, ma Federer gioca, se possibile, ancora meglio che contro Roddick. Le sue movenze sono armoniose ed eleganti, i colpi profondi, precisi e devastanti; quando scende a rete è come se danzasse a cinquanta centimetri di altezza; chiude i punti con studiata nonchalance. Il suo tennis è perfetto, a fine partita dichiarerà di aver giocato il miglior incontro della sua carriera. È il primo svizzero a vincere Wimbledon; una vittoria pulita e veloce, in tre set. Meritatissima.

Ora tutto lascia pensare che, come Sampras dominò il torneo e la classifica mondiale negli anni Novanta, lo stesso possa fare Federer in questo decennio. È già n.1 ATP e ne ha tutte le possibilità: è un giocatore completo, non ha punti deboli e dietro lo sguardo dolente e imbronciato cela una forte personalità. Il suo unico difetto è l'incostanza, ma ha solo ventun anni, e tutto il tempo per correggerla.




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