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Funari forever

di Roberto Fedi
  Corrado Guzzanti imita Funari
Data di pubblicazione su web 19/12/2005  
Speriamo che non vi siate persi la puntata di Il senso della vita della sera del 15 dicembre (Canale 5). Non perché la trasmissione in sé sia raccomandabile: per cedere a un facile gioco di parole, ci pare che abbia poco senso. Né per l’argomento della serata: che era l’omologazione culturale, spiegata all’inizio da Bonolis in modi che sarebbero parsi inadeguati in una scuola elementare. Né per l’avvio del programma, in cui (dopo un pistolotto sulla pena di morte anch’esso da primo ciclo scolastico) Bonolis ha presentato una ragazza ex anoressica, come a un Maurizio Costanzo Show d’annata.

No. Perché tutta la puntata è stata occupata, in modi assolutamente stupefacenti, da una presenza. Anzi, da un uomo-tv che non si vedeva da anni, relegato com’era in trasmissioni di reti minori (Odeon Tv) dopo un’uscita dalla Rai a dir poco, ancora oggi, misteriosa. E che ha dato, a chi ha avuto la fortuna di vedere la trasmissione, una lezione: di onestà, di libertà, di capacità professionali, di decoro, di dignità, di senso della televisione e di intelligenza. E, ammesso che la parola abbia ancora un senso nella Tv di oggi (compresa quella di Bonolis), di umanità.

Quest’uomo si chiama Gianfranco Funari. Ha 73 anni. È stato un personaggio televisivo importante (lo diciamo per i più giovani), titolare di trasmissioni di discussione, anche politica, prima a TeleMontecarlo (allora c’era), poi alla Rai. Di solito lo si definiva un populista, o anche un capopopolo. Interrogava in studio politici e simili senza infingimenti, senza inchini, senza le mellifluità e le ruffianerie oggi così comuni e indecenti. Non stava né da una parte né da un’altra. Non aveva scritto in fronte il partito di riferimento, come oggi. Era iracondo, magari esagerato nel porsi dalla parte della ‘gente comune’, magari un po’ retorico. Usava il mezzo televisivo in modo rivoluzionario: da lui hanno imparato tutti (è stato il primo a passeggiare in studio, a fare le pause, ad andare verso la camera fino a farsi riprendere in primissimo piano, per sottolineare un concetto: Bonolis lo fa regolarmente, adesso). Non si sa perché, a un certo punto venne messo alla porta. Sparì. Siccome non era titolare di tessere, o almeno non le esibiva, non ci fu uno, si dice uno, che protestò. Nessuno gli propose un seggio in Europa né una presidenza regionale. Sparito. Se si pensa a quello che accade nell’Italiaccia di oggi, è incredibile.

Bonolis ha invitato Funari nel suo programma. Prima di lui l’aveva fatto, giorni fa, Chiambretti nel suo Markette (La7). Con Bonolis come poche volte misurato (va detto a suo onore), Funari ha parlato di tutto, si è arrabbiato, si è commosso. Ha mostrato, addirittura con una maggiore abilità di quanto non facesse una volta, come si è grandi in televisione: alternando tenerezze a ruvidità, parlando di sé e mostrandosi, e qualche volta scoprendosi, ma sempre con senso della misura; ed esagerando, anche platealmente, quando l’argomento lo richiedeva, con un dosaggio da meraviglioso padrone del mezzo. Ha parlato anche con il corpo, muovendosi, agitando le mani, giocando con l’elegante bastone che adesso usa per camminare. È stato un eccezionale istrione, nel senso migliore del termine. A un certo punto si è avuta l’impressione, netta, che Bonolis lo guardasse ammirato: lo ha lasciato dire a volontà, ha capito (è stato bravo) che la trasmissione si giocava su di lui come mattatore, non lo ha mai interrotto, gli ha fatto da spalla. Funari era un fiume in piena, ma guidato da un senso del pubblico e della ‘presenza’ a se stesso che raramente ci è stato dato di vedere in televisione. Non si è parlato addosso, è stato ruvido e leggero, elegante e popolare. È l’unico in cui la concessione, frequente, alla parlata romanesca non è fine a se stessa, ma una scelta espressiva, addirittura raffinata.

È stato strepitoso. Viene da chiedersi come abbia fatto la Rai a privarsi sciaguratamente di uno così: il più bravo di tutti. Onestamente, in tutta la nostra esperienza di spettatori televisivi qui e altrove, mai ci era capitato di guardare qualcuno in televisione con la voglia di fargli un applauso. L’altra sera quella voglia ci ha preso, inarrestabile.

Lo vogliamo ancora.





 

 

 



 



 
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