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Il Tour del centenario

Fabio Tasso
  Tour de France
Data di pubblicazione su web 01/05/2004  
Il Tour de France 2003 finisce all’improvviso sabato 26 luglio, giorno della cronometro decisiva, a circa 10 km da Nantes. Jan Ullrich, secondo in classifica a poco più di 1' dalla Maglia Gialla Lance Armstrong, cercando una rimonta quasi impossibile, ma che, se riuscisse, sarebbe storica, arriva a 60 km/h su una curva stretta. Piove dal mattino e l'asfalto è bagnato, scivoloso. Chi capisce di ciclismo sa benissimo che, in queste condizioni, toccare anche solo leggermente i freni può significare ritrovarsi per terra. Non sappiamo cosa accada a Ullrich; quello che vediamo, mostrato dalla telecamera montata sulla moto, è il ciclista tedesco a terra, un uomo (forse un tifoso) che lo sta aiutando a rialzarsi, la bicicletta accartocciata un metro più in là contro le protezioni. Sarà il replay a mostrarci lo sfortunatissimo scivolone di Ullrich, quindi vedremo il tedesco montare in sella e ripartire. Ma sappiamo che è tutto inutile, perché il Tour finisce in quel momento, e a vincerlo è, per la quinta volta consecutiva, il texano Lance Armstrong.


Tour de France


Viene da chiedersi cosa starà pensando Miguel Indurain, che fino a quest'anno era l'unico ad aver vinto il Tour per cinque volte consecutive. Nel 1995 si diceva che un'impresa del genere fosse irripetibile. L'ha ripetuta un americano passato attraverso la vittoria di un Campionato del Mondo (Oslo 1993) e soprattutto una terribile malattia, il cancro, dal quale è uscito poco prima di cominciare a trionfare in terra francese. Armstrong raggiunge con cinque vittorie campioni come Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault: è l'élite del ciclismo mondiale, anche se, come è stato molto opportunamente osservato, i confronti con i campioni del passato sono improponibili. Un solo dato è sufficiente, cioè il confronto tra i giorni trascorsi in sella di un ciclista come Merckx negli anni Settanta e quelli che trascorrerà Armstrong quest'anno: 180 contro 50.

Jan Ullrich rimane l'eterno secondo (lo rimarrà a vita?). Ha vinto un solo Tour nel 1997, l’anno successivo l'ha praticamente regalato a Marco Pantani con un peccato di gioventù (per una crisi di fame dovuta a insufficiente alimentazione perse 8' in una tappa di montagna), poi, da quando è iniziata l'era Armstrong, ha dovuto accontentarsi della piazza d'onore. Resta comunque un ciclista fortissimo, come ha ampiamente dimostrato nella prima cronometro, corsa con una potenza e un'esplosività impressionanti, nella quale è riuscito a guadagnare ben 1'302 sul rivale (una "moto", è stato definito). Ma è la sua immaturità tattica, dimostrata in un paio di occasioni anche quest'anno, a penalizzarlo.


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Il Tour de France 2003 rimane uno dei più combattuti degli ultimi anni. Dopo quattro stagioni di dominio incontrastato, "Le roi américain" comincia a dare segni di cedimento. Quest'anno ha faticato non poco a contenere la forza del rientrante Ullrich, ma anche l'imprevedibilità di un outsider come Alexandre Vinokourov, emergente kazako che ha dato prova della sua abilità in salita, conquistando un meritato terzo posto finale. Armstrong ha vinto con circa 1' di vantaggio (perdendo, incredibilmente, 15" nell'ultima tappa sugli Champs Elisées, a causa della divisione in due parti del gruppo), mentre gli anni scorsi era abituato a vincere con almeno 6'.


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Ma non c’è stato soltanto il duello per la Maglia Gialla, ovviamente. Le grandi corse a tappe da sempre mostrano diverse facce e pongono alla ribalta molti atleti, magari solo per un giorno. Così, quest'anno, il Tour è stato impreziosito da alcune perle che meritano di essere ricordate. Ci sono le quattro tappe vinte da Alessandro Petacchi, prima di tutto: un velocista che è ormai l'erede di Mario Cipollini, che i francesi chiamano già "Petacchì", assolutamente devastante negli arrivi in volata. C'è stata l'epica impresa di Richard Virenque, dato per essere prossimo a fine carriera già qualche anno fa all'epoca dello scandalo doping e invece in grado di scattare, restare in fuga per 200 km e vincere in solitaria una delle tappe più dure, nonché la maglia a pois di miglior scalatore. E come dimenticare la corsa di Tyler Hamilton, resa straordinaria dall’infortunio alla clavicola occorsogli durante la prima tappa, nonostante il quale l'americano ha continuato stoicamente il Tour, chiudendo al quarto posto. E vogliamo ricordare, tra le immagini più belle di questo Tour, anche la vittoria di Carlos Sastre, con il ciuccio in bocca in onore del figlio, e quella imperiosa di un Gilberto Simoni altrimenti irriconoscibile e deludente.


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Resta peraltro il rammarico di non aver potuto assistere alla seconda parte della corsa, che si preannunciava battagliera, di Joseba Beloki, già sul podio nelle due scorse stagioni. Lo spagnolo è stato vittima di una caduta in discesa a pochi chilometri da un arrivo di tappa. Armstrong, che stava scendendo pochi metri dietro di lui, ha dovuto in quell'occasione dar prova di tutti i suoi straordinari riflessi, curvando all'improvviso e ritrovandosi sull'erba; a quel punto l'americano non ha potuto far altro che mettersi la bicicletta in spalla e rimontare in sella qualche metro più in basso, saltando il tornante. La sfortuna di Beloki è davvero grande: costretto a un ritiro forzato, sarebbe stato uno dei grandi protagonisti dell’ultima settimana, e certamente sarebbe riuscito a inserirsi tra i primi quattro.

L'Italia chiude un Tour positivo quanto a vittorie di tappa, ma piuttosto negativo nella classifica finale, che tra i primi dieci vede il solo Ivan Basso, eccellente in salita ma ancora troppo lento a cronometro, dove dovrà migliorare parecchio se vorrà, in futuro, provare a vincere il Giro o il Tour.

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