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Wonderful housewives

di Roberto Fedi
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Data di pubblicazione su web 21/09/2005  
È arrivato anche in Italia, e avevamo poca voglia di vederlo. È stato ‘lanciato’ dal Tg2 della sera con il seguente annuncio: ‘arriva anche in Italia il serial che in America è piaciuto alla moglie di Bush’. Sicché, ad essere onesti, pensavamo di uscire. Per dire come siamo fatti noi: se una trasmissione venisse preceduta dalla notizia che è consigliata dalla moglie di Ciampi, cambieremmo canale. Ci fidiamo più della signora che ci vende la frutta al mercato (ottima: e poi per lo meno conosce il mondo).

Avremmo sbagliato. Dove si vede l’importanza capitale dell’incipit, o dell’inizio. Pensate un po’. Se l’Iliade cominciasse con Achille che si fa fare una minestrina da Patroclo, chi l’avrebbe letta? Se ad apertura della Divina Commedia Dante avesse trascritto una chiacchieratina serale con Beatrice dalle parti dell’Impruneta, pensate che gli sarebbe apparso Virgilio? È così da che mondo è mondo: il lettore va acchiappato al volo, perché è probabile che dopo non vi lasci più, se ci sapete fare. Non importa aver seguito un corso di qualche pubblicitario all’università, per saperlo. Dante non era mica un laureato triennale.

Qui è andata così. Speriamo che non vi siate persi l’incipit di Desperate housewives, o Casalinghe disperate se preferite (Rai Due, lunedì e martedì, prima serata: ma l’aggettivo, in inglese, significa anche ‘disposte a tutto’). È eccezionale (anche se non è nuovo: vedere, please, come inizia quel capolavoro di ogni tempo che è Sunset Boulevard, di Billy Wilder, 1950, dove ad apertura c’è il cadavere di un uomo che galleggia in una piscina, e che però narra in prima persona fuori campo). Qui lo choc è ancora più forte, sia pure lenito da una vena di ironia.

C’è una donna in una bella casa. È abbastanza giovane. La sua voce è fuori campo, e con calma introduce il racconto (sarà poi sempre la voce guida). Poi la donna prende una pistola. Se la punta alla tempia. Spara. E continua a narrare come se nulla fosse. Accidenti. Racconta per esempio di come lo sparo venne sentito da una petulante vicina di casa, che non sapendo come giustificare la sbirciatina che vuol dare ad ogni costo per ficcare il naso, decide di restituire un frullatore avuto in prestito, e mai reso, da sei mesi. Così suona alla porta, poi guarda dalla finestra al piano terra, e vede il corpo. Urlo di prammatica. Dopodiché riporta il frullatore gigante a casa sua. La signora, commenta la voce della suicida, era sempre stata famosa per il suo spirito pratico.

Da lì nasce il racconto, che come suole si articola nella narrazione, sempre della morta, delle storie di quattro sue amiche o meglio vicine di casa, e delle loro vite ‘disperate’, nel senso anche di disposte a tutto per sopravvivere alla disperazione. Classe medio-alta, ma non stabile. Che hanno i problemi di donne belle, ma di età periclitante verso la mezza età. Insomma, quasi ex belle. Quindi tutto è in equilibrio precario, cosa che rappresenta il tocco di classe della narrazione e la sua caratteristica principale.

Una delle donne è separata con figlia adolescente perché il marito l’ha piantata per una svampita; un’altra è sposata con quattro figli indiavolati (strepitose le scene della poveretta, ex donna in carriera, con i più scatenati figli piccoli che si siano mai visti in televisione). Una ha un marito ricco e sempre fuori casa e si rifà col giardiniere, sempre lì lì per essere scoperta (esilarante la scena in cui il marito, equivocando su un presunto amante antennista della Tv che ha trovato in casa – l’amante vero era scappato lasciando un calzino sotto il letto – va a trovarlo e lo mena di santa ragione, salvo scoprire che è gay e attivista del movimento degli omosessuali, così che il pestaggio viene preso per il solito episodio di intolleranza con tanto di dibattito in Tv e identikit dell’aggressore, somigliantissimo). La quarta è una maniaca della casa, della precisione e della forma, e costringe il marito lui sì disperato ad andarsene – ma prima è talmente precisa che gli fa a regola d’arte la valigia. È intuibile che nel prosieguo ci saranno sviluppi imprevisti.

Il tutto con ironia disperata, potremmo dire. Perché questo è il merito stilistico degli autori, che sanno intrecciare storie e personaggi (le attrici, almeno a noi sconosciute, sono di una bravura mostruosa) con leggerezza, ma con sotto quel velo pur sempre un’attenzione amara alla realtà, e a una vita che è ben poco dolce. Con personaggi che – questo è il tocco della bravura – sembrano così reali che vi affezionate subito. Vi assomigliano, o assomigliano (ma molto più simpatici) ai vostri vicini di casa. O almeno a quelli che vorremmo avere.

Gli uomini ci fanno tutti una figura modesta. Anche per questo lo consigliamo ai nostri simili, per un salutare bagno di umiltà. Ma guardatelo da soli, se potete. Salvatevi dai sorrisi, maliziosi e colpevolizzanti, delle vostre signore.




Desperate Housewives

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