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Un'Europa di passione

di Federico Ferrone
  La passione di Giosuè l'Ebreo
Data di pubblicazione su web 10/09/2005  
Spagna, anno del (nostro) Signore 1492: caduta anche Granada, la reconquista della penisola iberica è alfine completata. Spinti dalla convinzione che a mescolarsi troppo si diventa tutti meticci, dopo aver espulso i musulmani, i cattolicissimi Isabella e Ferdinando emanano un editto che intima agli Ebrei di abbandonare la Spagna (Sefarad in ebraico) o di convertirsi per poter mantenere la cittadinanza. Alcuni sceglieranno la conversione, divenendo ben presto marranos, ma saranno comunque espulsi a loro volta pochi anni dopo, quando i re di Spagna si rimangeranno la promessa di protezione. Altri fuggiranno, dando vita alla diaspora Sefardita.

Pasquale Scimeca ha scelto uno dei momenti più forti di tutta la storia europea, un momento che vide la fine di una civiltà, ed una regione dove le tre grandi religioni monoteiste convissero in armonia, relativa ma duratura: quella Granada multireligiosa di Averroé di cui aveva già parlato Youssef Chahine ne Il destino (Al Massir, 1997). Il repulisti religioso dei re spagnoli rappresenta per il regista, come egli stesso ha esplicitamente dichiarato, un parallelo evidente con l’Europa odierna che si rinchiude nella propria identità, invocando le famigerate “radici cristiane”e chiudendo le porte a chi proviene dall’esterno.

Il film narra la storia di Giosuè, giovane israelita spagnolo cui un rabbino profetizzò alla nascita il ruolo di messia degli Ebrei. Scacciato dalla Spagna insieme alla madre e la famiglia, si rifugerà dapprima nel Regno di Napoli, dove lo scoppio della peste scatenerà un’ondata antisemita, e infine in Sicilia, nei pressi di Hassin (Messina). Qui, mentre il suo carisma e la sua conoscenza delle Sacre Scritture lo stanno preparando a divenire un leader per il proprio popolo, sarà scelto da una commissione religiosa per interpretare Gesù in una Casazza, sorta di rappresentazione della via crucis. Giosué, che si immedesimerà completamente nel ruolo messianico di Cristo, finirà vittima della follia dei cristiani, i quali, dimenticando il confine tra rappresentazione e realtà, lo linceranno per davvero. Giosué completerà così la sua passione sulla croce, palcoscenico insanguinato dell’intolleranza religiosa. 


Purtroppo, e dispiace davvero dirlo, il film di Scimeca è in buona parte un’occasione mancata. Perché se la scelta dell’ambientazione e del tema sono di raro coraggio, la realizzazione cinematografica è invece deludente.

Lento e magniloquente nel descrivere sia la comunità ebraica che i cristiani persecutori, il film mostra evidenti carenze nella direzione degli attori e nella tensione drammaturgica. Difetti i quali, accentuati da una povertà di apparato scenografico peraltro ampiamente giustificata dal budget, ne fanno un’opera più vicina ad una ricostruzione teatrale di una vicenda religiosa, che un vero e proprio film. E sbagliata è anche la scelta del protagonista, il giovane esordiente Abude, che non ha niente del carisma dell’Enrique Irazoqui - Gesù del Vangelo di Pasolini - e il cui accento brasiliano stona con il personaggio, peraltro grossolanamente tratteggiato nella sua evoluzione da giovane imberbe a gioviane profeta. Persino l’interpretazione sempre magistrale di Anna Bonaiuto, sotto-utilizzata nel ruolo della madre di Giosué, e di Toni Bertorelli, in quello del sapiente ebreo protettore di Giosuè, non bastano a risollevare un film macchinoso e persino un po’ didascalico nella sua descrizione dell’antisemitismo cristiano.

Meriterebbe un’analisi a parte la scena finale della Casazza, in cui la follia e l’odio della folla trasformano uno spettacolo in massacro, e le frasi del Giosué attore e del Giosué uomo si mescolano indistinte. La passione di Giosuè diventa la continuazione di quella di Cristo e preambolo al sangue che verrà versato in futuro, quasi che il regista significasse che all’odio non c’è fine, e che può ripetersi all’infinito, nelle stesse forme. Una sequenza sconvolgente, più sanguinosa de La passione di Cristo di Mel Gibson, che arriva però troppo tardi.

Se avesse trovato un equilibrio tra forma e intenzione, La Passione di Giosuè l’ebreo sarebbe stato un vero capolavoro, anche di impegno civile, data la difficoltà sempre più evidente posta, in Italia, a chi produce opere o effettua dichiarazioni contenenti critiche al cristianesimo, alla sua storia o alle sue gerarchie.  Difficoltà di cui si è infatti lagnato lo stesso regista, il quale vanta peraltro un passato da seminarista. Ma nonostante i suoi limiti, vista la complessità dell’operazione, il film conferma che Scimeca, già autore dello splendido Placido Rizzotto, è senz’altro una delle figure più interessanti del nostro cinema. 

La passione di Giosuè l'Ebreo
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