Ledizione 2002 del Festival dei Popoli si è distinta per lottima qualità dei lavori presentati: a più di una proiezione il pubblico fiorentino ha affollato la sala del cinema Alfieri. La rassegna, come sempre, è stata articolata in varie sezioni, tra cui i concorsi internazionale e italiano, vinti rispettivamente da Asta-E di Thomas Ciulei (Romania/Germania, 2001) e Alice è in Paradiso (Italia, 2002) di Guido Chiesa, e la retrospettiva Il sogno dellimpero e lincubo del dominio - Immagini del colonialismo italiano.
Un'ora sola ti vorrei, di Alina Marazzi
Film in pellicola si sono alternati a produzioni in video. La manifestazione è iniziata alla grande con la proiezione, venerdì 15 novembre, del bellissimo Unora sola ti vorrei (Italia, 2002, menzione speciale) di Alina Marazzi, regista milanese trentasettenne già collaboratrice di Studio Azzurro. Protagonista del lavoro, realizzato in video, è la madre dellautrice stessa, Liseli Hoepli, morta suicida nel 1972: suo padre, leditore Ulrico Hoepli, aveva realizzato, tra il 1926 e gli anni Settanta, una notevole quantità (circa venti ore, nel complesso) di home movies, film familiari in pellicola 16 millimetri che Alina, dopo unampia selezione, ha trasposto sul supporto video.
Un'ora sola ti vorrei, di Alina Marazzi
Le immagini iniziali, in bianco e nero, sono preziose poiché documentano momenti di vita di una famiglia degli anni Venti filmati da una persona estranea allambiente cinematografico: lo sguardo di Ulrico è, nello stesso tempo, personale e distinto da un buon gusto per la composizione. Il volto di Liseli acquisisce rapidamente centralità: appare in quasi ogni inquadratura, ammiccando sovente allobiettivo della cinecamera, alcune volte esuberante e apparentemente felice, altre pensieroso.
Alcuni passi dei suoi diari, letti in voce off dalla regista, trafiggono il cuore: Liseli esprime i suoi sentimenti per luomo che ama o costruisce graziose filastrocche che Alina contrappunta con un abile montaggio. La complicità a distanza tra madre e figlia commuove, poiché lo spettatore sa che non è stata e non sarà possibile nella vita reale; di Liseli, nella mente di chi vede, si imprime il sorriso, radioso come lincipit del secondo movimento della Terza Sinfonia di Henryk M. Górecki, che in più di un punto accompagna questo struggente idillio tra Cinema e Videoarte.
Chi non rischia non beve champagne (Italia, 2002, menzione speciale) di Enrica Colusso, è stato coprodotto dalla Rai: liniziativa è lodevole, poiché il video affronta lo scottante tema della tratta delle ragazze dellest europeo, in questo caso ucraine. Fulcro del lavoro è la vicenda di Anja, adescata e costretta a prostituirsi in un bordello in Polonia: a una prima sezione caratterizzata da una narrazione oggettiva e da un controllato utilizzo della telecamera a mano, seguono le tese sequenze del ritrovamento e salvataggio di Anja ad opera di una organizzazione specializzata cui la madre della ragazza si era rivolta. In questa parte del video, nel tentativo di costituire uno stile duro e diretto, la vicenda è raccontata, in bianco e nero, dal punto di vista di un liberatore di Anja che, prima di entrare nel bordello, si era applicato, nascondendola, una mini-telecamera sul corpo.
Instrument, di Jem Cohen
I circa quaranta minuti estratti dalle due ore complessive di Instrument (Stati Uniti, Gran Bretagna, 1999) hanno consentito agli spettatori di farsi unesauriente idea del lavoro di Jem Cohen, realizzato in pellicola e video, sul gruppo punk dei Fugazi. Cohen era stato compagno di scuola dei membri della band. In inquadrature spesso invase da un bianco quasi abbacinante, i Fugazi si muovono tra sedute di registrazione, concerti nei correzionali e interviste in televisione. In una suggestiva sequenza, il regista si sofferma su alcuni fans del gruppo, ripresi in una serie di Primi Piani e Mezze Figure che ha carattere di manifesto: "I volti non sono mai banali" afferma infatti Cohen "[…] Certe volte, viaggiando magari in treno o in metropolitana, smetto di pensare ai fatti miei e decido di osservare attentamente la gente: bene, il 75% delle facce è interessante, il 25% incredibile. Se metto le persone contro un muro e le filmo per dieci secondi, so che non avrò sprecato i soldi della pellicola […]" (J. Cohen, Un volto, un angolo di strada, in A occhio nudo - La scuola video di documentazione sociale I Cammelli, a cura di Sandra Lischi e Pucci Piazza, Lindau, Torino, 1997, pag. 124).
Il Festival è stato inoltre impreziosito dalla presenza di Agnès Varda, che ha presentato i due suoi ultimi lavori, realizzati in video: Les glaneurs et la glaneuse (Francia, 1999-2000), trasposto però in pellicola per la distribuzione, e Deux ans après (Francia, 2002). Partendo dal modello iconografico delle spigolatrici raffigurate nei dipinti del Naturalismo Francese, lautrice di Cléo dalle 5 alle 7 conduce lo spettatore in un poetico viaggio alla ricerca dei moderni "spigolatori", indigenti che raccolgono da terra la verdura avanzata dopo la chiusura dei mercati cittadini, vendemmiano in vigne abbandonate o si aggirano in un frutteto alla ricerca di mele o pere scartate durante il raccolto effettuato dai proprietari del terreno. Nei minuti iniziali di Les glaneurs et la glaneuse la regista, intendendo sottolineare sia che sta lavorando in video sia, conseguentemente, che il video potrebbe condurre a risultati espressivi differenti rispetto a quelli ottenuti con la pellicola, lascia emergere il dispositivo, marcandone lentrata in campo con uninterpellazione, e realizza una breve serie di inquadrature con uno stile in una certa misura più "libero" rispetto a quello delle sequenze precedenti: ripresa accanto a un dipinto di Jules Breton raffigurante una spigolatrice, infatti, la Varda, immobile, solleva la telecamera che tiene in una mano, riferisce che quello sarà lapparecchio che utilizzerà per girare e guarda verso lobiettivo della telecamera che la sta inquadrando. Seguono alcune inquadrature in cui il soggetto perde centralità: appaiono, in Dettaglio, la fronte e i capelli della regista nellatto di pettinarsi, il suo volto è poi non facilmente identificabile perché sovrimpresso ad altre immagini, quindi, mentre in voce off riflette sulla vecchiaia e la morte, limmagine delle sue dita rugose, sempre in Dettaglio, chiude la sequenza. In Deux ans après, in conclusione, la Varda si è messa con successo alla ricerca dei protagonisti del primo video.
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Verdetto della Giuria del Concorso Intrnazionale
Premio per il miglio documentario internazionale
Asta-E
di Thomas Ciulei (Romania-Germania)
Motivazione:
"Un autore la cui personalissima scrittura cinematografica crea ritratti incisivi che si imprimono nella nostra memoria e che ci forniscono elementi per capire la realtà di un paese in termini socio-economici".
Targa “Giampaolo Paoli” per il miglior film etnoantropologico a:
Broadway– Black sea (Russia-Germania)
di Vitalij Manskij
Motivazione:
"Un film che attraverso un caleidoscopio di ritratti umani ci presenta una comunità effimera che ci fa riflettere sulla difficile condizione esistenziale di un paese in via di cambiamento".
Menzioni speciali:
Gaza strip (USA)
di James Longley
Motivazione:
"Un documento efficace di come vivono bambini costantemente esposti a morte, mitragliatrici e caos".
e a maggioranza:
Zur Lage (Austria)
di Barbara Albert, Michael Glawogger, Ulrich Seidl, Michael Sturminger
Motivazione:
"Un assurdo affresco realizzato da diversi registi austriaci sulla loro società".
Alina Marazzi, autrice di Un'ora sola ti vorrei
Verdetto Giuria del Concorso Italiano
Premio per il miglio documentario italiano
Alice è in Paradiso (Italia)
di Guido Chiesa
Motivazione:
"Interessante spaccato su di una vicenda emblematica di un preciso periodo storico-ideologico-culturale, esperienza di comunicazione brutalmente interrotta estremamente attuale. Uso accattivante e autoironico degli interventi dei protagonisti-attori nell'elaborazione delle immagini abilmente montate".- Menzioni speciali a:
Un'ora sola ti vorrei (Italia)
di Alina Marazzi
Motivazione
"Per un uso poetico ed evocativo del materiale della memoria, intimistico e letterario".
Chi non rischia non beve champagne (Italia, 2002)
di Enrica Colusso
Motivazione
"Per aver affrontato un tema socio-antropologico attraverso un uso innovativo dei mezzi filmici".
Deux ans après di Agnes Varda (Francia, 2002) |
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