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Colpevole e innocente

di Siro Ferrone
  Memento
Data di pubblicazione su web 30/01/2001  
Si trattasse di teatro ottocentesco si parlerebbe di pièce bien faite, o di congegno a orologeria. È invece un tipico prodotto dell’arte novecentesca, vista la stratificazione sapiente di piani di lettura che il film propone. Con una sceneggiatura che svolge un ruolo determinante. E forse magistrale.

Di piani di lettura, sapientemente intarsiati, ne osserviamo almeno tre. Prima di tutto c’è una narrazione svolta secondo i canoni del romanzo noir con cadaveri, droga, polizia, sicari, gang, pestaggi, inseguimenti, inchieste e, naturalmente, la scoperta finale del "colpevole". È la lettura letterale. Ma bisogna osservare che l’analisi dell’enigma, che tiene avvinti fino allo scioglimento conclusivo, è svolta attraverso la memoria disturbata del protagonista, affetto da una grave forma di amnesia: il film ci guida quindi nei meandri di una mente complessa suggerendo una lettura analitica. Infine il significato allegorico: tanto più il protagonista è malato e dolorosa è la sua via crucis, tanto più ossessiva la sua indagine, tanto più fallace è il risultato. Perciò, alla fine della storia, al di sopra del noir e dello psicodramma, è proprio un discorso sul metodo che si impone.

La somma degli indizi conduce lo spettatore a scoprire, oltre la verità dell’intreccio e oltre la patologia del protagonista, la falsità del metodo d’indagine. E forse di ogni metodo. All’interno del nichilistico pessimismo che tiene insieme la sceneggiatura e la produzione "americana", il film è un capolavoro di equilibrio fra meriti artigianali (l’autore è giovanissimo e aveva dato prova di sé in un altro thriller, in bianco e nero, di produzione inglese, Following, povero di mezzi e ricco di intelligenza narrativa) e confezione commerciale.

Lo schema di base della drammaturgia è antico come l’Edipo re di Sofocle. Non siamo davanti a un testo "edipico" nel senso freudiano del termine, ma ad un’analogia strutturale che riguarda la trama: questa è costruita come una sciarada a climax, con un crescendo di rivelazioni che, completandosi a vicenda, portano il protagonista a scoprire la sua "colpevolezza". La quale non consiste tanto in azioni criminose commesse (o almeno, non soltanto) quanto piuttosto in un delitto di "lesa memoria": egli, investigatore di professione (presso una società assicurativa), ma anche per missione (è alla caccia del presunto assassino della moglie), accumula prove che gli consentono di sostituire alla realtà dei fatti vissuti la loro immaginazione. In questo modo riesce a giustificare i suoi delitti.

Ma Leonard Shelby - come Edipo - non agisce secondo un progetto criminoso, egli per primo è vittima e punitore di sé stesso, martire e assassino, inquirente e inquisito. In definitiva, un povero cristo in balia del destino, rappresentato dagli "altri" (i banditi, i poliziotti, i dealers) che - come divinità maligne - fanno di lui lo strumento inconsapevole delle loro macchinazioni. A differenza di quanto avviene nella grande tragedia classica, qui lo spettatore non conosce la "verità" fin dall’inizio, la scopre (e non del tutto) insieme al suo eroe, sequenza dopo sequenza, costretto ad addestrare la sua memoria per sconfiggere la congiura della dimenticanza.

Dunque il punto di vista di chi osserva ora coincide e ora contrasta con quello del protagonista. E il film segue due percorsi: quello soggettivo è costruito a ostacoli, lo spettatore (insieme a Shelby) si trova improvvisamente - come in un brusco risveglio - dentro a scene inspiegabili che interrompono la catena logica dei fatti, finché il progredire dell’azione non lo porta a riconoscere nell’ultima scena della sequenza un fotogramma già visto. È come se anche noi spettatori fossimo costretti a condividere in tale recherche gli spasmi della mente di Shelby, ogni volta disorientata e poi riorientata. E in questa fase - con felice contrappasso - siamo costretti a fare buon uso della nostra memoria.

Al primo percorso un altro è intercalato. Girato su pellicola monocromatica, rappresenta il protagonista impegnato in una o piœ telefonate nel chiuso della sua stanza d’albergo. Qui il tempo scorre in avanti, lineare, come si capisce dall’accumularsi dei tatuaggi, sempre più numerosi, sul corpo del protagonista; il quale è come preso in mezzo da una doppia oggettività: da una parte è guardato dall’occhio della M.D.P., dall’altra è costretto a rispondere a interlocutori misteriosi che si trovano all’altro capo del telefono.

Fiorisce qui, in un bianco e nero quasi televisivo, il secondo memento: il film nel film che dapprima sembra contenere - fuori testo - la vera verità su Shelby e che invece si rivela, non meno dell’altro memento, puramente autoreferenziale. Come il petto, le gambe, le braccia del protagonista, tatuate in lungo e in largo (viene in mente il grande racconto kafkiano Nella colonia penale), anche il film è un corpo martoriato dai segnali, una selva intricata di segni e icone. Lo spettatore vorrebbe, insieme al suo eroe, fidarsi più di questi che della sua fallace memoria, ma sarà costretto a riconoscere proprio la fallacia degli indizi accumulati. È la dichiarazione di sfiducia nei confronti di ogni fonte "positiva", sia questa letteraria o semiologica. La fine di ogni fiducia nel valore oggettivo delle "fonti". Nel momento in cui la memoria si aliena dall’uomo e si oggettiva in un dato depositato al di fuori del flusso emozionale, allora si produce l’errore. Alienando la memoria al di fuori di sé, il nostro anti-eroe diventa preda di qualunque strumentalizzazione. Come in un teorema neo-medievale è questo il piano di lettura più ambizioso.

Tragico riferimento al nostro presente e al nostro futuro, ripieni di memorie artificiali e alienate, autoreferenziali, disponibili a piegare la storia a revisionismi interessati. Memento è anche questo, la rappresentazione simbolica di una generazione cinica disposta a nascondere i propri delitti dietro una ingiustizia subita (reale o supposta non importa). Sarà così possibile inventare - come Shelby - nuovi nemici falsi per dimenticare quelli veri, creare alibi per i propri delitti, lasciarsi guidare da amici solo apparenti, lasciare ad altri la responsabilità delle proprie azioni. In definitiva, dimenticare la propria coscienza.


Memento
cast cast & credits
 



Locandina del film
Locandina del film


 


 

Una scena del film
Una scena del film

 

Trama

La memoria di Leonard Shelby è rimasta intatta solo fino alla notte in cui sua moglie è stata violentata e uccisa: da quel momento egli non è in grado di trattenere i ricordi, se non per pochi minuti. Eppure non smette di cercare il colpevole e per scovarlo fa ricorso ad appunti, grafici o indizi che tatua direttamente sul suo corpo.

 

 

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