drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

L'intimità della tragedia

di Paolo Gallarati
  Monica Bacelli (Charlotte) e Nathalie Manfrino (Sophie), foto Ramella & Giannese
Data di pubblicazione su web 28/06/2005  
E' sempre gradevole il Werther di Massenet, andato in scena l'altra sera nel Teatro Regio sotto la direzione di Alain Guingal. L'orchestra ha suonato in modo soffuso e morbido, valorizzando le qualità della partitura: armonie sottili e raffinate, ispirate alla mobilità di quelle di Wagner senza averne il peso; timbri soffusi che avvolgono le voci in una morbidezza di colori pastello. Guingal ha curato assai bene gli equilibri sinfonici, ha reso gli archi densi e fluidi, sostenendo le voci in modo elastico e naturale. Cosa quanto mai necessaria, dal momento che il melodizzare di Massenet ha un carattere fluttuante e libero, ben diverso dalla plasticità della melodia italiana, ed è portato piuttosto a disegnare arabeschi sinuosi, arrotondati come l'altalena dei sentimenti che non toccano mai espressioni estreme, neanche nei momenti di magior impeto tragico. E' questo il pregio, ma anche il limite di Massenet: da un lato c'è il controllo, l'eleganza, la raffinatezza della fattura; dall'altro una certa uniformità di tono, il piacere di cullarsi nell'espressione mediana, piuttosto che far precipitare l'ascoltatore sulle montagne russe di vertiginosi sbalzi emotivi.

Per sostenere questa «medietas» espressiva il «Werther» richiede la presenza di veri campioni del canto lirico; in particolare, nella parte del tenore quest'opera esige il divismo, ossia una capacità di attrazione magnetica che il protagonista, perso nel suo sogno impossibile, esercita, con la voce e con la figura, sugli spettatori, mantenendoli costantemente in tensione.


''Werther''. Una scena dell'atto I, foto Ramella & Giannese
''Werther''. Una scena dell'atto I, foto Ramella & Giannese

 
Il tenore Roberto Alagna, molto applaudito, si è lodevolmente impegnato in questo compito, reso difficile dagli schiaccianti modelli del passato. Se consideriamo che dev'essere un buontempone, dal momento che si diverte a fare battute amene, affermando che Riccardo Muti avrebbe «rovinato» la Scala, apprezziamo ancora di più il suo sforzo di identificarsi nel malinconico e tragico eroe di Massenet. Il suo canto, che s'ingegna ad impiegare dolcezze e sfumature, rinuncia lodevolmente alle impennate dell'opera italiana e disegna un Werther senza troppe pretese di eccezionalità. Anche Monica Bacelli fa di Charlotte un personaggio quotidiano: non una donna da perdere la testa, che giustifichi il suicidio dell'innamorato respinto, ma una ragazza giudiziosa e positiva, che svolge il proprio compito con tranquilla e un po' prosaica sicurezza. Insomma, questa coppia non è certo irresistibile, e non conferisce alla partitura il fuoco per arroventarla, ma ne rende apprezzabili i valori, con momenti di confidenziale e autentica commozione.


Monica Bacelli (Charlotte) e, disteso, Roberto Alagna (Werther) nel finale dell'opera, foto Ramella & Giannese
Monica Bacelli (Charlotte) e, disteso, Roberto Alagna (Werther) nel finale dell'opera, foto Ramella & Giannese

 
Una certa aura casalinga, piuttosto provinciale, caratterizza anche lo spettacolo di David Alagna (regia) e Frédérico Alagna (scene), fratelli del tenore con cui paiono in perfetta sintonia: niente stranezze, scenografia fedele al libretto e sostanzialmente accettabile, con un solo grosso errore, quello di eliminare il giardino davanti alla cui bellezza si effondono, nel primo atto, le melodie stupite di Werther, costretto, qui, a sdilinquirsi davanti ad un muro di mattoni. Se al Regio verrano, come sempre, i ragazzini delle scuole, si divertiranno moltissimo nel vedere due cavalli che entrano in scena, il primo trascinando una carrozza, il secondo portando sulla groppa una bella fanciulla. Il panorama zoologico è completato da un cane nero, tenuto al guinzaglio nel primo atto.

Tutto molto realistico, dunque, con i garbati costumi ottocenteschi di Louis Désiré, e le scene molto calligrafiche, come mostrano la precisione dei muri di mattoni e di pietra e la pittoresca nevicata che fa da sfondo alla camera da letto-biblioteca di Werther: ambiente forse troppo presidenziale per uno che non era certo un nababbo. Anche i gesti prescritti dalla regia sono misurati e contribuiscono alla tranquilla normalità dello spettacolo. Alla fine, applausi per tutti, compresi i bravi comprimari tra cui segnaliamo Marc Barrard (Albert) e Nathalie Manfrino (Sophie).

copyright, La Stampa, 16 giugno 2005 
Werther
Drame liryque in quattro atti e cinque quadri


cast cast & credits
 
trama trama
 

 





 

 



Roberto Alagna (Werther) nel primo atto dell'opera, foto Ramella & Giannese
Roberto Alagna (Werther) nel primo atto dell'opera, foto Ramella & Giannese

 

 

 

 

 

 


 

Marc Barrard (Albert), foto Ramella & Giannese
Marc Barrard (Albert), foto Ramella & Giannese




 

 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013