drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Almodóvar, il cinema e le arti

di Cristina Jandelli
  Parla con lei
Data di pubblicazione su web 01/01/2002  
Almodóvar ormai firma solo con il cognome, come fosse un marchio. E' il marchio di un autore guardato con sospetto per anni e ufficialmente accreditato nel gotha a partire dalla svolta de Il fiore del mio segreto (La flor de mi secreto, 1995) in cui emergevano già i motivi poi precisati in Tutto su mia madre e ritrovati ora in Parla con lei (Hable con ella, 2002).

Rosario Flores nella parte di Lidia
Rosario Flores nella parte di Lidia
 
L'originalità è sempre stata la cifra di Almodóvar, ma la maturità ha conferito spessore drammaturgico ai film e gli ha suggerito un maggior controllo delle risorse stilistiche. Non si profilano comunque novità sostanziali rispetto ai due film citati (trascuriamo l'incerto Carne tremula, 1997), anzi la continuità è sottolineata dalla presenza di un protagonista scrittore, dalla centralità del teatro e della danza (qui compendiati nel teatro-danza di Pina Bausch) e dall'apparizione in veste di "spettatrici" di Marisa Paredes e Cecilia Roth, grandi protagoniste del film precedente. Almodóvar dissemina Parla con lei di tracce del proprio passato: la corrida (con le sequenze sontuose della vestizione e dell'immolazione al toro) perno dell'ormai dimenticato Matador (1986), la critica ai media, asse portante di Kika (1993) e via dicendo.

La novità sta nell'inversione dei ruoli fra personaggi maschili e femminili: le donne, che avevano guidato Almodóvar nel passaggio fra vecchia e nuova maniera, si fanno da parte per giacere immobili su un letto mentre gli uomini "danzano" loro intorno e compare per la prima volta un alter ego dell'autore: impossibile non notare la somiglianza fisica fra il regista e il superlativo Javier Cámara-Benigno incaricato di mettere in scacco l'evidenza del reale grazie al potere della passione che sovverte le regole del buon senso, della sessualità, della morale.

Il cinema, ovvero il genere melodrammatico, con questo film si dimostra passibile di una ridefinizione per cui è già pronto il termine "almodramma". Nelle mani di Almodóvar il melodramma è diventato un solido dotato di un nucleo rovente e di un guscio raggelato, duro. Solo così è possibile inserire al suo interno i più inverosimili fatti di cronaca, i più spinti parallelismi dell'azione, plot principali e sottotrame, cavandone un racconto dotato di una precisa coerenza affettiva, quindi intimamente plausibile. Il vecchio Almodóvar avrebbe imbastito sugli amori comatosi una commedia scanzonata e confusa, il nuovo aspira all'ordine e alla simmetria, fa piangere copiosamente i suoi eroi e rabbuia i cieli della Meseta limitandosi a una sola - genialissima - zampata quando ricrea, nel falso film muto, un apparato cinematografico in cui, sovvertite dimensioni e proporzioni, la fantasia sessuale può tramutarsi in messa in scena: l'uomo miniaturizzato che si tuffa nella vagina dell'amata (ma solo dopo essersi completamente spogliato) è già una scena da antologia.

Le arti sono il complemento necessario al dispiegarsi del sentimento amoroso inteso come disponibilità al sacrificio di sé: senza la guida di una colonna sonora drammaticissima e incalzante, senza i numi tutelari della danza moderna (Pina Bausch, Geraldine Chaplin) chiamati ad esibirsi in numeri traboccanti emozione e l'intima teatralizzazione del soggetto - sempre più frequenti i piani sequenza sugli attori, e il film si apre con un sipario alzato - non sarebbe concepibile un film così. Del resto gli artisti (fra cui un Caetano Veloso da brividi) sono i soli, sembra dire Almodóvar, capaci di parlare agli altri della passione e di rendere accessibile la sua logica. Ma la complessa architettura del film sarebbe niente senza l'invenzione del personaggio di Benigno e la sua portentosa declinazione al femminile che lo porta a parlare, a curare, a conservare la memoria, ad adorare e a voler possedere contro ogni evidenza razionale il corpo dell'essere amato. Personaggio e attore dominano Parla con lei, ne fanno un'opera memorabile. Detto per inciso il suo nome è un omaggio reso a Benigni e alla sua debordante poetica dell'amore.


Parla con lei
cast cast & credits
 



Benigno (Javier Cámara) mostra una foto di Pina Bausch
Benigno (Javier Cámara) mostra una foto di Pina Bausch

 

 


 

Geraldine Chaplin (Katerina Bilova)
Geraldine Chaplin (Katerina Bilova)


 

 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013