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Un viaggio in burletta

di Paolo Gallarati
  Il viaggio a Reims
Data di pubblicazione su web 23/10/2003  
Riscoperto a Pesaro nel 1984 da Claudio Abbado, Il viaggio a Reims sta ora entrando stabilmente nel repertorio. Si tratta di una cantata scenica che Rossini compose a Parigi nel 1825 per l'incoronazione di Carlo X. Il testo è fatto di niente: un gruppo di persone, in viaggio verso Reims per assistere all'incoronazione, si ritrova nell'albergo del Giglio d'Oro, a Plombières, e, tra contrattempi di viaggio, corteggiamenti reciproci, spettacoli improvvisati, esibizioni poetiche, attende di partire. Ma mancano i cavalli e si decide allora di organizzare una festa in onore del re e della famiglia reale, sperando di poter assistere alla seconda incoronazione nella capitale.

Il viaggio a Reims, regia di Dario Fo


La vicenda è, dunque, un mero pretesto per fare della bella musica, e Rossini ne fa di bellissima, ma con un atteggiamento quasi provocatorio. Se il testo di Luigi Balocchi è di una rara cretineria, Rossini sembra voler menare per il naso gli oscuri reazionari che glielo proposero, scrivendo una musica fulminante per arguzia, malizia, elettrizzante e beffarda vitalità. Tant'è vero che tre quarti della partitura verranno riversati, tre anni dopo, nelle scoppiettanti invenzioni operettistiche del Comte Ory, la più maliziosa e trasgressiva delle sue opere buffe.

Per l'esecuzione genovese, che ha inaugurato la stagione lirica del Teatro Carlo Felice, Dario Fo ha rifatto molte parti del libretto. La cosa, di per sé, non è scandalosa, vista l'assoluta scollatura che esiste fra il testo e la musica, ma il rifacimento non lascia più percepire il piccante divario tra il fondo reazionario delle parole e il gesto di indipendenza che Rossini fa, proiettando le febbrili novità della partitura verso l'operetta di Offenbach. L'intento di Dario Fo è quello di far sentire il contesto storico-politico che fa da sfondo al Viaggio a Reims: ma se non ci fossero le scritte proiettate sopra il palcoscenico, nessuno se ne accorgerebbe, visto che Rossini si è premurato di nascondere il testo sotto una musica che lo distrugge in un vortice di acrobazie vocali senza fine. Acrobazie che impongono una compagnia di canto di strepitosa bravura.


Il viaggio a Reims, regia di Dario Fo



A Genova le donne sono all'altezza del compito: Desirée Rancatore (La Contessa) e Luciana Serra (Madama Cortese) gorgheggiano come usignoli e cantano come sirene; Elen de la Merced (Corinna) e Anna Bonitatibus (Melibea) non sono da meno nell'affrontare il gioco musicale, pericolosissimo e avvincente, che Rossini pretende da loro. Più incerto, invece, il panorama maschile; sempre sulla breccia, due veterani come Enzo Dara (Trombonok) e Rokwell Blake (Libenskof) accusano gli anni ma si difendono con onore; Lawrence Brownlee (Belfiore), Simone Alberghini (Lord Sidney), Alfonso Antoniozzi (Don Profondo) sono apparsi soddisfacenti in parti che attenderebbero, però, dalla presenza di veri divi, lo smalto che la musica richiede. Fabio Maria Capitanucci, nella parte di Don Alvaro, ha giocato il suo ruolo con maggiore disinvoltura scenica e vocale, mentre Nicola Luisotti ha guidato correttamente orchestra e cantanti, anche se gli gioverebbe un po' più di quello spirito indiavolato che il Rossini francese profonde con tanta abbondanza. Alla fine, i consensi sono stati unanimi per tutti gli esecutori.

La regia di Dario Fo ha invece diviso il pubblico, tra approvazioni e fischi altrettanto convinti. È uno spettacolo vario, colorato e gradevole, ma il suo vero problema non sta tanto nella riscrittura del testo, quando nel fatto che non fa ridere. Uno si sforza di divertirsi, altrimenti, si chiede, che cosa ci viene a fare ad uno spettacolo di Dario Fo? Ma i lazzi, i salti, le piroette, i gesti che trasformano indebitamente l'opera in un balletto sono così gratuiti che chi ha già visto altre regie di Dario Fo ha l'impressione di rivedere sempre lo stesso spettacolo.

Ecco dunque le colombe che frullano sulle bacchette di metallo, gli ombrelli che svolazzano, i mimi che saltano, gli acrobati che volteggiano, gli animali che ballonzolano, le bandiere applicate sulla schiena dei personaggi che le portano in giro come code di pavone, l'arpa che si solleva, la statua che batte la sua lancia sulla testa del barone (qui qualcuno ride), le scritte sugli striscioni, la pioggia di carta, la piscina coi bagnanti, e via elencando un repertorio di gags, magari tecnicamente ben realizzate ma sempre "addosso" alla musica con una presenza così invadente che rischia, spesso, di soffocarla.

Il viaggio a Reims
Dramma giocoso in due atti


cast cast & credits
 

 

Da "La Stampa"
dell'11 ottobre 2003


Il libretto in rete


Foto dell'allestimento di Helsinki, gennaio 2003
Foto dell'allestimento
di Helsinki






 
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