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A proposito di Tosca

di Sara Mamone
  Tosca
Data di pubblicazione su web 29/10/2003  
Nel gigantesco spot che qualche sera fa la Rai nella persona di "Porta a porta" ha avuto la bontà di offrire a Lucio Dalla per la sua nuova costosissima fatica del musical Tosca, i molti invitati a dibattere hanno dimostrato che nella filosofica categorizzazione di Gaber su ciò che fosse di destra e ciò che fosse invece di sinistra (bagno/doccia etc.) una categoria rifugge da distinzioni e appropriazione ideologiche ed è trionfalmente, come si dice con bel neologismo, bipartisan: l'ignoranza. Non è veramente né di destra né di sinistra, è democratica o, se si preferisce un'altra bella invenzione di pregnante semantica, trasversale.

Bastava ascoltare (e anche un po' guardare, cosa più facile) due graziose signore da noi (di destra o di sinistra) deputate a rappresentarci per un quinquennio intente a dibattere sul ruolo di Scarpia e sulla correttezza politica (con inevitabile superciliosa condanna) dell'antica Tosca pucciniana, dove il maestro e i suoi complici Illica e Giacosa si erano comportati veramente male perché Scarpia non ci piace e Tosca è una vittima ma non poi tanto, non risulta sufficientemente evidenziato il ruolo della donna (?) e poi, no, Scarpia proprio si comporta male e magari resta più impresso di Cavaradossi (è stata risparmiata alle nostre rappresentanti la visione del manifesto grondante eros della prima novecentesca con Tosca che in uno sfondo affocato si china sul cadavere del capo della polizia, mentre di Mario neanche l'ombra).



Carlo Guelfi e Daniela Dessì



E via di questo passo massacrando i poveri autori sotto il peso di fesserie molto molto politicamente corrette, interrompendo pure la povera (povera perché, pur donna, meno incompetente e quindi estranea) Ricciarelli che tentava di appellarsi non tanto ad una categoria storica (che sarebbe veramente chiedere un po' troppo) quanto alla categoria (forse un po' sorpassata, ma su cui si ci potrebbe anche accordare) del bello, o quanto meno delle ragioni interne. Figuriamoci!.

Parliamo d'altro, e cioè della ripresa scaligera di Tosca, sì, quella di Puccini, quella politicamente scorretta anche se nugoli di critici (bisogna però sottolineare che si è trattato per la più parte di uomini) la considerano uno dei vertici non solo dell'opera pucciniana (speriamo che Dalla non voglia rifare pure la Turandot e che a nessuno venga in mente Madama Butterlfy) ma la via d'accesso del melodramma al Novecento: «Salome, Elektra, Wozzeck: si dovrà ben trovare il coraggio, un giorno o l'altro di nominare Tosca nella lista; cronologicamente verrebbe al primo posto» (Fedele D'Amico).

Il bellissimo teatro degli Arcimboldi (sede deportata della Scala per gli anni della ristrutturazione e ora reso efficiente dopo le prime prove di assestamento) ospita questa ripresa dell'edizione scaligera della stagione 1996-97 con l'incombente regia di Luca Ronconi. La direzione, in queste riprese, è affidata alla limpida, raffinata, chiarissima lettura orchestrale di Gary Bertini. Lo spettacolo non manca, tutto regge benissimo, una volta accettate le convenzioni generali dell'opera e una certa qual sfasatura drammaturgica al terzo atto, che sappiamo di gestazione assai tormentata, quando l'accensione improvvisa e irresistibile del desiderio di Scarpia per la bella cantante romana mal si concilia con l'accoglimento del suo ricatto ("cedo ma tu dammi un salvacondato per me e per Mario") e la tragicità della beffa che questi ordisce (finta accettazione ma pregressi ordini di esecuzione).




Salvatore Licitra e Daniela Dessì




Bisogna anche accettare senza andare troppo per il sottile la finta promessa di Tosca e l'uccisione (senza dubbio per una sorta di legittima difesa, ma comunque non nei patti, del turpe e onnipotente davanti a cui «tremava tutta Roma») che ne farebbero un'assassina secondo il senso comune ma non le levano invece neppure un grammo di seduzione (nei nostri confronti). L'infinita serie di riprese testimoniano il richiamo dell'opera, perciò Tosca bene si presta sia a concertazioni fortemente improntate (dall'arretramento alle forme classiche del melodramma ancora ottocentesco, al saldo assestamento nel contemporaneo verismo, al prorompere di sonorità pre-espressioniste) sia ad esercizi registici di forte connotazione innovativa.

Tanto la storia quanto la musica sono note nella loro tessitura di base e quindi certi ardimenti sonori e certi ardimenti registici sono meno arbitrari che in altre situazioni. Per quanto riguarda questa edizione la direzione di Bertini è eccellente e non funambolica, conduce con chiarezza strumenti e cantanti nel naturale corso consentendo sia il godimento compatto della vicenda (dove sono collocate le più ardite innovazioni musicali) sia quello delle romanze emotivamente intense e capaci insieme di costruire degli "a parte"(che Bertini è molto attento però a non isolare dal flusso dell'azione). I cantanti lo seguono egregiamente, dalla limpida anche se non potentissima (ma scenicamente perfetta) Maria Pia Ionata all'eccellente Cavaradossi Nicola Martinucci. Certo sufficiente ma forse un po' al di sotto dello charme del ruolo lo Scarpia di Frank Ferrari.




Una scena dell'allestimento



La regia di Luca Ronconi, da molti discussa, risulta invece di bella evidenza e di non difficile decifrazione, con la presenza soffocante della Roma papalina (Scarpia è capo della polizia vaticana) e con i consueti anacronismi che qui non paiono forzati. Merito anche certamente della scenografia da lui richiesta a Margherita Palli con quelle prospettive da sotto in su che spostano il punto di vista degli spettatori, con l'accentuazione di elementi significanti, con il finale dominato per sineddoche dall'angelo del castello, testimone del tragico epilogo dagli spalti, appunto, di Castel Sant'Angelo. E infatti il pubblico entusiasta ha dimostrato di apprezzare lo spettacolo nella sua complessità.

Tosca
Melodramma eroi-comico in 3 atti


cast cast & credits
 
trama trama









Teatro alla Scala



 









 
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