La Femme Fatale è Laura Ash, bellissima e subdola ladra. Dopo un colpo milionario al Festival di Cannes 2001, Laura pianta in asso i soci, fugge in America e laggiù si costruisce una nuova identità, iniziando una nuova vita. Questo finché le circostanze non la riporteranno, sette anni dopo, di nuovo in Francia, a Parigi, dove troverà i suoi vecchi compagni ad attenderla.
Agli esordi, Brian De Palma riprendeva ossessivamente temi e situazioni dei film di Hitchcock e di altri autori di cui si era nutrito nella sua formazione di cineasta. Col passare del tempo, senza dimenticare i rimandi ai maestri, ha cominciato a riproporre situazioni dei suoi film precedenti. In Femme Fatale esaspera questa mania auto-referenziale, citandosi in tempo reale. In un paio di sequenze, infatti, appare un manifesto avente per soggetto il quadro di John Everett Millais, Ophelia, in cui quest'ultima, riversa schiena a terra, ha la faccia di Rebecca Romijn Stamos, protagonista del film.
Ophelia, di J. Everett
All'apparenza marginale ai fini dell'analisi del film, questo elemento serve comunque a rendere l'idea di quanto De Palma debba essersi divertito a girare una vera e propria summa degli elementi cardine della sua cinematografia. I quali sono tutti presenti: oltre alle citazioni, il tema della protagonista femminile dal destino segnato, quello della personalità ambigua, il voyeurismo hitchkockiano di chi osserva la vita da una finestra, in più split-screen, piani-sequenza vertiginosi e, in generale, una forma cinematografica tanto sontuosa quanto, talvolta, vuota.
È evidente che si tratta di un film difficilmente apprezzabile se non si colgono l'ironia e il compiacimento che accompagnano le scelte registiche meno realistiche e il ricorso insistito al topos cinematografico.
Per un pubblico che non ami il regista americano o poco propenso a simili divertissements, Femme Fatale è, infatti, un prodotto facilmente attaccabile: squisitamente formale, sostanzialmente prevedibile nella trama e con un doppio finale troppo "corretto".
Ma come la maggior parte dei film di De Palma (alcuni dei quali sono lungi dall'essere indimenticabili), è un'opera che ha altrove un suo valore indiscutibile: nel virtuosismo stilistico delle inquadrature, nella presa del suono e nella capacità di esaltare la fisicità degli attori.
Imperdibile, ad ogni modo, la sequenza iniziale: il colpo al Festival di Cannes in simultanea con la prima di Est-Ovest di Regis Wargnier. Immagini della passerella di regista e attori del film si alternano con le operazioni criminose dei protagonisti, in un montaggio incrociato che si ricompone in split-screen "vecchio tipo" che sanno molto di ammiccamento ai fans più devoti. Musiche di Ryuichi Sakamoto.
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