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"Il capolavoro dello Strauss italiano"

di Paolo Gallarati
  Francesca Patanè (Fiora)
Data di pubblicazione su web 19/04/2005  
Torino - Non fa male riscoprire, di tanto in tanto, la produzione minore di quell' enorme sistema spettacolare che è stata l'opera italiana nei secoli passati. Rovistando nel repertorio dimenticato, la perla non si trova quasi mai, ma riascoltare certe partiture che godettero, nei tempi passati, di una fama diffusa, può essere utile per capire meglio la storia e collocare i grandi capolavori in uno sfondo che li fa meglio spiccare nella loro originalità.

Una di queste cartine di tornasole è fornita dall' «Amore dei tre re» di Italo Montemezzi (1875-1952) che, rappresentata alla Scala nel 1913, fu salutata come un lavoro di prim'ordine ed eseguita con entusiasmo in Europa e in America, almeno fino alla seconda guerra mondiale.

 

Antonello Palombi (Avito), Francesca Patanè (Fiora) e Roberto Scandiuzzi (Archibaldo)
Antonello Palombi (Avito), Francesca Patanè 
e Roberto Scandiuzzi


Il Teatro Regio ha voluto riprenderla, presentandola, un poco enfaticamente, come «il capolavoro dello Strauss italiano» e affidandola ad una buona esecuzione diretta da Oleg Caetani.

where to buy kratom L'opera è composta su un libretto di Sem Benelli che sfiora e oltrepassa, sovente, il limite del grottesco: la donna adultera viene strangolata dal suocero, indi composta in una camera ardente con le labbra spalmate di veleno di modo che il marito e l'amante, baciandole entrambi, ne muoiono tra atroci sussulti. A questa tragica fine conduce una storia di travolgente passione (si fa per dire), culminante in un duetto che offre perle letterarie di questo tipo, pronte per una parodia alla Paolo Poli. Lei: «Mio cuore ardente! La tua bocca è un fiore d'ogni momento… Sì, perch'io lo colgo ad ogni istante, e sempre rifiorisce.» Lui: «Sì, rifiorisce, senza te patisce…». Lei: «E se lo bacio aulisce… e illanguidisce…». Al confronto, i grandi libretti verdiani, solitamente bistrattati (dagli sciocchi), sembrano degni di Shakespeare.

Il merito di Montemezzi sta nel fatto che non si è lasciato irretire in questo provincialismo di bassa lega e ha puntato, invece, il suo sguardo su orizzonti più alti e lontani. Wagner, ridotto in dimensione tascabile, è il punto di riferimento di questi drammi musicali che hanno alle spalle tutta la scuola verista. Ma la musica di Montemezzi evita in generale le volgarità, le truculenze e gli eccessi del verismo nostrano. Certamente si sente,qui, l'influsso di Strauss, come mostrano certe imponenti ondate sinfoniche, specie nel duetto del secondo atto, schiacciato, peraltro, dal modello del Tristano; e anche Debussy è presente, quando l'orchestra si fa leggera, gli impulsi volatili e l'espressione delicata e sottile. In queste atmosfere che segnano le pagine migliori dell'«Amore dei tre re» c'è, effettivamente, il senso di un mondo lontano, nebuloso e un po' onirico, com'è quello del medioevo immaginario in cui è ambientata la vicenda.


Antonello Palombi, Francesca Patanè, Marco Vratogna (Manfredo), Roberto Scandiuzzi
Antonello Palombi, Francesca Patanè,
Marco Vratogna (Manfredo), Roberto Scandiuzzi

Oleg Caetani lo ha messo in evidenza, lavorando accuratamente le sonorità dell'orchestra che esegue l'opera con bella qualità di suono. Sul palcoscenico Roberto Scandiuzzi ha incarnato con intensità il vecchio re Archibaldo, Francesca Patané è stata un'appassionata Fiora, Marco Vratogna un baritono di rilievo nella parte del marito Manfredo e il tenore Antonello Palombi, un generoso Avito. Molto sobrio ed efficace è parso lo spettacolo di Guy Montavon (regista) e Luisa Spinatelli (scenografa e costumista) che ha disegnato una specie di caverna wagnerniana su cui si apre un occhio di luce colorata, ora blu, ora rossa, di estensione variabile. Bello il costume scarlatto della fatale Fiora, che spicca sul nero dello sfondo. Anche il coro diretto da Claudio Marino Moretti ha fatto bene la sua parte, specie nell'ultimo atto, quando la sua voce proviene dall'interno, cantando l'inno dei morti. Come non ricordare la scena del Miserere nel Trovatore? Insomma, Montemezzi prende un po' di qua un po' di là, monta il tutto in un eclettismo di fattura pregevole e mostra come le aperture europee dell'opera italiana non erano solo quelle di Puccini o della generazione dell'Ottanta, ma caratterizzavano un tessuto più articolato di quanto comunemente si pensi. La ripresa dell'«Amore dei tre re», accolta ieri sera da un buon successo, dà, quindi, un contributo rilevante alla conoscenza del nostro Novecento musicale.


copyright, La Stampa, 14 aprile


Amore dei tre re
Poema tragico in tre atti


cast cast & credits


Manifesto per L'amore dei tre re, di Luigi Caldanzano, 1913 circa
Manifesto per
L'amore dei tre re, di Luigi Caldanzano, 1913 circa




Roberto Scandiuzzi (Archibaldo), Francesca Patanè (Fiora)
Roberto Scandiuzzi
(Archibaldo),
Francesca Patanè (Fiora)

 


 

Roberto Scandiuzzi
Roberto Scandiuzzi

 

 
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