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Soderbergh contro Soderbergh

di Cristina Jandelli
  Il cast di Ocean's Eleven
Data di pubblicazione su web 18/04/2003  
Qualcuno ha paragonato la vittoria a Cannes di Soderbergh giovanissimo con l'exploit di Mc Enroe alle semifinali di Wimbledon: giusto. Era il 1989 e la Palma al giovane intellettuale della Louisiana lasciava tutti di stucco: a uno sconosciuto il massimo riconoscimento, ma perché? Solo perché in giuria con l'amico Handke c'era Wim Wenders, il primo regista che si sia seriamente misurato con la contaminazione del linguaggio video? (stiamo parlando di Sesso, bugie e videotapes). Non basta. Quel film minimalista era la tipica opera a stelle e strisce che piace agli europei, immediatamente ben disposti nei confronti di un postmoderno fra quattro mura che mischiava abilmente i due piani di rappresentazione della realtà, quello cinematografico (ormai alle corde) e quello del video (sporco ma non ottuso, brutto ma efficacemente vero): il film alla fine è la storia di due linguaggi che si rifondano ibridandosi, accettando il confronto.

Subito dopo Soderbergh s'inchina all'Europa e fa malissimo. Delitti e segreti, il film su Kafka, è l'opera seconda di un regista che possiede un evidente talento visivo ma che gioca fuori ruolo. Sembra l'inizio della fine: alzi la mano chi ha visto i successivi Piccolo grande Aaron e Torbide ossessioni... poi, all'improvviso, Soderbergh spiazza tutti con Out of Sight, piccolo congegno a orologeria, delizioso divertissement di genere, film dotato di gusto, grazia e tocco. Out of Sight è il tipico prodotto hollywoodiano con la marcia in più: tutto merito della produzione eccetto i virtuosismi della cinepresa, l'impeccabile direzione degli attori (in un colpo solo il film lancia due divi, George Clooney e Jennifer Lopez), la capacità di far suonare intelligenti e allusivi dialoghi comunemente ben scritti.

Vedendo l'ultimo Ocean's Eleven (altro esempio di buona memoria: un tempo i bei dialoghi erano giustamente apprezzati) si può pensare a una scopiazzatura furbetta di Out of Sight, dimenticandosi che entrambi i film sono dello stesso regista: in effetti, cosa c'entrano con il Soderbergh ambiziosetto e un po'antipatico dell'altmaniano Traffic e del pollackiano Erin Brockovich (quello premiato come miglior regista con l'Oscar, per intendersi)? Appunto per questo vedendo Ocean's Eleven si può prendere partito per un piccolo segmento della produzione del regista che la rivista francese "Positif" ha paragonato a Huston per il suo alternare opere indipendenti (nella produzione recente, L'inglese) a concessioni commerciali. Nel Soderbergh contro Soderbergh si può tifare per la maestria tecnico-stilistica (anche un po' fine a se stessa, se vogliamo) raggiunta da un regista che, come in una pausa relax, con l'ultimo film si è buttato alle spalle l'obbligo di dimostrare di possedere talento e si è lasciato guidare dalle regole auree del cinema digestivo che si guarda sgranocchiando i pop corn.

Lui, il figlio di un professore universitario che a tredici anni si iscriveva a un corso del dipartimento universitario per imparare a usare il Super 8, appartiene alla generazione visivamente segnata dal telefilm poliziesco anni Settanta. Esteticamente è quella la sua referenza stilistico-affettiva: sono le inquadrature squinternate al cui interno potrebbe all'improvviso comparire un Chips, uno Starsky, un Hutch; sono i toni giallo ocra delle strade polverose della California. Infatti lo scoppiettante Ocean's Eleven fonda il suo divertimento sul paesaggio urbano e umano di una Las Vegas innnocentemente anni Settanta (contro quella perversa dello scorsesiano Casinò) dove rivive il cinema anni Cinquanta del modello originale (Colpo grosso di Milestone con Frank Sinatra). Un trentennio fa c'è stata una nuova età dell'innocenza del cinema; e quella del film di Milestone rappresenta il periodo classico del racconto cinematografico hollywoodiano, quando le regole auree imponevano l'assoluta prevedibilità della composizione narrativa: Soderbergh integra le due prospettive spruzzando dell'autentico, esilarante Kitsch vintage sulla composizione di un cast strepitoso.

Da sempre dotato nel valorizzare gli attori, con Ocean's Eleven Soderbergh è promosso capitano di lungo corso: undici personaggi, un gioco di squadra esaltante anche nella sapiente alchimia del gruppo. In primo piano c'è il giochetto sottile dell'attore di spalla Brad Pitt che scalza in continuazione dal piedistallo il titolare George Clooney; in secondo lo scoppiettante alternarsi di caratteristi di rango, primo fra tutti un magnifico Carl Reiner, mastodonte ammaccato delle truffe (corentemente ripreso dal basso), con l'ulcera che non è riuscita a piegare l'orgoglio da vecchio manigoldo. Con Elliott Gould sbarca il comico puro dell'icona d'antan, irresistibile macchietta del miliardario affogato nel cattivo gusto, affiancato da un nero esperto in esplosioni a cui Soderbergh consegna la battuta da ricordare del film ("vuoi botto, buio e bordello?"). La parte nera della commedia è efficacemente affidata a un trucido Andy Garcia dal fisico segnato e dalla maschera mobilissima. Senza sorprese la performance di Julia Roberts a cui piacciono sempre le donne sentimentalmente contese e le parti simpatiche al pubblico. Così lo sfoggio di mise e di sex appeal di cui la Roberts è maestra aggiunge un'altra nota a questa brillante nostalgia di un cinema degnamente retrò, adatto a far breccia nella sensibilità contemporanea proprio perché si limita, innocentemente, a divertire.


Ocean's Eleven
cast cast & credits
 

Steven Soderbergh
Steven Soderbergh

 

 

 

 

 

 


 

George Clooney e Julia Roberts
George Clooney e Julia Roberts




 

 
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