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Virzì, l'ultimo erede (della commedia all'italiana)

di F.F.
  Corrado Fortuna
Data di pubblicazione su web 13/06/2003  
Impossibile evitare subito una nota "biografica" sulla lavorazione del film, giunto nelle sale italiane dopo 8 mesi di peripezie giudiziarie. Prodotto con spreco di mezzi e "locations" americane da Cecchi Gori nel periodo della sua massima follia economica, My name is Tanino, dopo una presentazione Fuori Concorso al festival di Venezia 2002, è rimasto parcheggiato negli uffici dei curatori fallimentari del produttore fino a pochi giorni fa.

Protagonista della vicenda è appunto Gaetano, detto Tanino, un ragazzo di Castelluzzo, bella e sperduta cittadina sul mare a sud di Trapani. Un ambiente assolutamente invivibile per un adolescente sognatore e ingenuo come Tanino, stretto tra compagni intellettuali liceali ma già vetero-marxisti e una mamma impicciona che lo vuole rifilare alla bruttina locale. Il pretesto per una fuga giunge a Tanino sotto le forme di Sally, bionda ragazza americana in vacanza in Sicilia. Consumato un breve flirt con il giovane, Sally se ne riparte per il Rhode Island, dimenticando però in Italia una videocamera. Videocamera che aprirà a Tanino le porte dell'avventura nella terra dell'evasione per eccellenza nell'immaginario giovanile: gli Stati Uniti. Tanino se ne parte, solo e sprovvisto di soldi e di idee sul proprio futuro, per riportare lo strumento alla ragazza. Da qui, nella migliore tradizione del romanzo di formazione, inizieranno "picaresche e sconvolgenti avventure". Prima porterà il caos nella perfetta famiglia wasp di Sally, poi farà strada nella mafia italo-americana grazie al fidanzamento con la figlia cicciona di un boss italo-americano presentatogli da parenti emigrati negli Usa. Infine, dopo fughe su treni e per le vie di New York, farà conoscenza con l'eroe della sua mitologia underground: il film-maker Seymour Chinaski, emulo, per nome e caratterizzazione, dello scrittore Charles Bukowski. Effetto prevedibile (ma non certo per il candido Tanino) dell'incontro: il mito americano è ormai un vecchio barbone che non si cura di vivere in uno scantinato degradato e che ignora come tenere in mano una macchina da presa.
My name is Tanino
My name is Tanino



Romanzo di formazione, appunto, e di avventura, My name is Tanino è una versione italiana scanzonata e meno universale dei romanzi di Dickens e Dumas. Rispetto a D'Artagnan, anch'egli giunto nella grande città carico di sogni, Tanino è molto meno ambizioso, ma ugualmente spavaldo: le avventure in cui si imbatte sono più grandi di lui o perlomeno della sua idea del mondo. Sballottato qua e là tra eventi di cui non coglie la portata, ne esce egregiamente proprio grazie a questa incoscienza. Se il Guascone finiva capo dei Moschettieri, il castelluzzese se ne tornerà a casa senza aver capito un granché, ma senza nessuna tristezza o morale. Tanino è impersonato da Corrado Fortuna, esordiente all'epoca delle riprese, ma presente in queste settimane sugli schermi nel film Perduto Amor di Battiato. In conferenza stampa a Venezia, alla domanda su perché si fosse affidato ad un esordiente per il ruolo principale, Virzì, indicando Fortuna che sedeva accanto a lui, ha risposto "Ma come perché? Guardatelo in faccia. Avevo già scritto la sceneggiatura e me lo sono trovato davanti. Lui è Tanino! Per me è stato come incontrare Pippo o Topolino in persona". Difficile dargli torto. Presentato al regista dal fratello Carlo, autore delle musiche con il gruppo Snaporaz, l'attore è effettivamente una scelta azzeccatissima, forse la chiave della leggerezza e riuscita comica del film. Giunto, dopo il recente Baci e abbracci del '99, alla quarta regia e con alle spalle i successi di Ferie d'agosto (David di Donatello come miglior film nel 1996) e Ovosodo (Premio della giuria a Venezia '97), Virzì ha ripreso in parte lo schema base di quest'ultimo. La formula funziona perfettamente e il film, girato con abilità tecnica ancora più affinata delle altre volte, scorre via con leggerezza e tra molte risate. Ma se il confronto, inevitabilmente, si impone con le altre opere del regista, allora My name is Tanino, formalmente più ricco e curato, manca in fondo dello spessore sociologico, in forma di sberleffo, di Ferie d'agosto e pure della freschezza di Ovosodo, rispetto al quale ha anche il "difetto" di venire qualche anno dopo. Detto questo, il film è perfettamente "riuscito" grazie, oltre che alla faccia del protagonista, a un'ottima sceneggiatura, ricca di spunti e trovate comiche, firmata dallo stesso Virzì (che proprio come sceneggiatore in Tournée di Salvatores mosse i primi passi nel mondo del cinema) e i due Francesco, Piccolo e Bruni. In fondo, adesso che anche i Vanzina si sono convertiti con la svolta "seria" delle ultime opere (resta, ahinoi, Neri Parenti), film come quello di Virzì, commedia quasi pura con ritmo tenuto sempre alto, sono ormai cosa rara nel panorama italiano. Forse l'ultimo - vero - continuatore di una tradizione che il nostro cinema non farebbe male a mantenere viva.


My name is Tanino
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