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Dedicato agli artigiani del cinema

di F.F.
  ''Il ritorno di Cagliostro''
Data di pubblicazione su web 01/09/2003  

Il ritorno di Cagliostro segna l'atteso ritorno al lungometraggio dei palermitani Ciprì e Maresco dai tempi di Totò che visse due volte, divertentissimo film scandalo del '98 capace di far rivivere i "bei" tempi della censura, sanzionando definitivamente l'idiozia e il ritardo dei governanti nei confronti del cinema. Nel mezzo ci sono stati il medio Enzo domani a Palermo, documentari jazz su Miles Davis e Louis Armstrong e l'apparizione sulla copertina dei "Cahiers du cinéma", che li consacrava come uno dei fenomeni più originali del cinema europeo degli ultimi anni. In poche parole, ce n'era abbastanza per fare della pellicola l'opera più attesa a Venezia insieme al nuovo Bertolucci.

Impostato come un finto documentario alla Zelig, il film utilizza il topos del ritrovamento di un documento perduto per raccontare una storia di più di mezzo secolo fa. A spuntare dal nulla non è un manoscritto, ma la vecchia pizza di un film siciliano degli anni Quaranta, appunto "il Ritorno di Cagliostro", pretesto per ripercorrere la storia della Trinacria, sgangherata casa di produzione siciliana fondata nel '47 in competizione impossibile con CineCittà.

''Il ritorno di Cagliostro''
''Il ritorno di Cagliostro''


Il montaggio di Ciprì e Maresco articola il racconto su tre piani: l'anno 2003, nel quale personaggi immaginari o reali (tra cui i critici Gregorio Napoli e Tatti Sanguineti) ricostruiscono la storia della sfortunata esperienza cinematografica, le vicende dei protagonisti di quell'esperienza e infine le sequenze vere e proprie del film della Trinacria. Sono gli anni di Salvatore Giuliano, altra presenza importante della Mostra di Venezia di quest'anno (vedi Segreti di stato), ma più che della Mafia, Palermo è il regno della Chiesa, istituto surreale fatto di uomini deformi e prelati semi-dementi che sognano di portare il cinema nell'isola. Per le riprese vengono dunque scelti i cialtroneschi fratelli La Marca (impersonati da Luigi Maria Burruano e Franco Scaldati) e l'inquietante regista Pino Grisanti (Pietro Giordano, qui impegnato anche nel ruolo del cardinale Sucando). Per il ruolo del protagonista arriva addirittura una ex-stella di Hollywood, l'ormai alcolizzato e finito Errol Douglas (il redivivo Robert Englund, alias Freddy Kruger nella serie Nightmare) cui si affianca un cast di attori raccattati per le strade, esemplari di quell'umanità asociale da sempre centro della cinematografia dei due registi.

Il ritorno di Cagliostro è un divertente pastiche che rende omaggio al cinema dell'epoca e a tutti gli artigiani della cinematografia che, come dice la dichiarazione di Ciprì e Maresco nel catalogo della Mostra, "dal cinema sono stati rovinati". Come la Sicilia snaturata delle opere precedenti, la Palermo della Trinacria ha bandito l'elemento femminile, concedendosi al massimo surrogati maschili abbigliati da perpetua o da suora. L'eredità del programma Cinico tv di Rai3 e dei deliranti e surreali film precedenti si configura qui per la prima volta come un'opera interamente di fiction. Nel loro passaggio alla narrativa vera e propria, i due autori si sono portati dietro buona parte della galleria di maschere umane delle opere passate con il loro palermitano incomprensibile e incontrollato. L' 'impatto surreale è stato in parte attutito, a favore di quello comico.

Il risultato, visivamente e comicamente, è all'altezza dei precedenti. Orribilmente divertenti i dialoghi e grande come sempre la fotografia, il vero punto di forza dell'opera grazie al lavoro di Ciprì che, non va dimenticato, è anche il fotografo di tutti e tre i film di Roberta Torre. Rinunciando al bianco e nero livido del passato, ne sceglie uno più sfumato e vagamente tendente all'azzurro. Dove i due registi falliscono la prova è però sul piano della tenuta narrativa: dopo un inizio promettente, il film subisce un calo e si trascina fino ad un lungo e zoppicante finale a sorpresa, che forse bisognava avere il coraggio di tagliare. Una volta azzeccata l'ambientazione ed impostato il film sul binario paradossale di un gruppo di incapaci alle prese con uno sforzo cinematografico impari nella Sicilia del dopoguerra, il racconto mostra la corda, incapace di uscire dalla contemplazione dello zoo di personaggi che inscena.

Il salto da Totò e Lo zio di Brooklyn è stato notevole ma questi ultimi, ancora più incompleti e disordinati dal punto di vista drammaturgico, erano affreschi surreali che non avevano nessuna pretesa di raccontare una storia. Il ritorno di Cagliostro, invece, prepara una trama accattivante che finisce pian piano per sgonfiarsi rendendo anche meno efficaci i frequenti momenti di delirio comico dei personaggi. Questo film, tanto atteso, pur nella validità degli elementi singoli, finisce col deludere ed aggiungere poco all'universo già creato dai due registi.

A Ciprì e Maresco, cui va riconosciuto il merito di saper divertire come nessun altro nel panorama italiano e di possedere una forza visiva eccezionale, si pone la questione della svolta che dovrà prendere la loro produzione. E ciò per evitare di trovarsi incastrati in nell'impasse di uno stile che essi hanno forgiato da soli, ma che rischia di imprigionarli. Speriamo che Il ritorno di Cagliostro sia un'opera di svolta, una svolta difficile e come tale imperfetta ma preludio ad un rinnovamento artistico.

Last and least, un avvertimento agli spettatori. Non muovetevi dalle poltrone fino alla fine dei titoli di coda: al termine dei credits c'è spazio per un siparietto nascosto che spiega le motivazioni e intenzioni, false o reali, del film.

Il ritorno di Cagliostro
cast cast & credits
 



 
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