drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

L'assedio

F.F.
  Oliver Stone
Data di pubblicazione su web 28/08/2003  

Marzo 2002, il punto più basso della storia recente del conflitto arabo-israeliano: nel suo bunker di Ramallah, Yasser Arafat è assediato dai tanks israeliani. Mentre il mondo vede la fine del leader palestinese (sarà disatteso un'ennesima volta), il naufragio del processo di pace pare una tragica evidenza.

In quei giorni, Oliver Stone e la sua troupe europea si sono recati sul luogo, nel tentativo di dare voce ai diretti interessati. Stone ha girato per le strade di Ramallah e Gerusalemme, intervistando gli arabi assediati, gli attivisti di Hamas e del "Fronte per la liberazione della Palestina", visitando anche Tel Aviv e confrontandosi con tre ex-premier israeliani, Peres, Barak e Netanyahu.

Da qualche anno il regista americano, icona per eccellenza dell'impegno politico oltreoceano, continua la sua divagazione dal cinema di fiction, concentrandosi sul documentario a carattere sociale. A marzo, infatti, aveva presentato al festival di Berlino Comandante, rescoconto del proprio incontro con Fidel Castro.

A differenza di Comandante, Persona non grata, nonostante il riferimento esplicito ad Arafat, non è una biografia. E' un tentativo in progress, realizzato in un breve soggiorno di cinque giorni, di cogliere informazioni e sensazioni direttamente dalle parti in conflitto.

''Persona non grata''
''Persona non grata''


Il teatro è una situazione di perenne emergenza, nella quale i cameramen sembrano smarrirsi ma dove gli uomini politici, vista forse la precarietà, si lasciano andare a dichiarazioni quasi improvvisate, prestandosi ad interviste effettuate dallo stesso Stone. Nei 67' del documentario ci si incuriosisce dunque nell'osservare l'eloquio elegante di Shimon Peres e il suo inglese con le "r" arrotate, così come i proclami populisti espressi dal perfetto inglese dell'inflessibile "Bibi" Netanyahu. Dall'altra parte di un muro ideale (ma in procinto di diventare reale e pattugliato), la sofferenza e il fanatismo degli arabi e l'impossibilità di intervistare Arafat, ormai esiliato nel suo quartier generale.

Ma che cosa offre di nuovo il documentario di Stone rispetto al bombardamento mediatico sul conflitto mediorientale, cui in Europa siamo ormai abituati da anni?

Fa un certo effetto la lucidità con cui l'attivista del Fronte di Liberazione spiega di aver acquistato 60 fucili M16 e 3 milioni di pallottole da un ex-funzionario di Sharon. Come pare strano che lo stesso attivista, incapucciato e armato, si esprima in un eccellente inglese e propugni uno stato laico, dimostrazione che i kamikaze possono essere anche i figli di una impostazione culturale occidentale. Stone lascia parlare, registra e non forza l'interpretazione.

Paradossalmente, però, il film soffre della sua stessa onestà: non nasce dall'intenzione di fare emergere un'interpretazione già matura del conflitto, nè tantomeno una proposta di soluzione. E' solo un tentativo di fare parlare con sincerità (quanto ciò riesca è un altro paio di maniche) le vittime e i protagonisti del lento massacro in corso da decenni, per capirne le modalità. Dal collage di interviste e immagini di repertorio, l'autore sperava forse che emergesse, da sola, un'interpretazione originale del conflitto, un nuovo punto di vista. Ma alla fine ciò non accade, ammantando l'opera di un pessimismo, vista la situazione, quasi banale: Palestinesi e Israeliani dicono, in fondo, ciò che da loro ci si aspettava.

La troupe di Stone è poi fuggita dai territori in anticipo sui piani di riprese, quando ormai l'esercito israeliano non era più in grado di garantire l'incolumità e ciò deve aver contribuito ancor di più nel determinare il senso di incompletezza che accompagna il film.

E' probabile che per uno spettatore americano, forse, i cui telegiornali sono obiettivamente più avari di immagini di intifada e blocchi ai check-point rispetto a quelli europei, i crudi squarci della realtà medio-orientale possano essere impressionanti. Per un osservatore europeo aggiornato sulla questione, però (si perdoni la generalizzazione), Persona non grata finisce con l'aggiungere poco ad una realtà già sovraccarica di interpretazioni analitiche e visive.

Una nota estetica curiosa: all'inizio del film, Oliver Stone passa in rassegna tutti i protagonisti del documentario. Utilizzando un serrato montaggio da videoclip, Stone cattura ogni personaggio che entra in scena con un fermo immagine ed una didascalia del suo nome. Esattamente come nei telefilm polizieschi anni '70, in Tarantino o in Guy Ritchie. Solo che invece di Franky Four Fingers, Starsky & Hutch e Mr.Pink, appaiono Barak, Arafat e Peres.

Proprio Stone ha detto che forse il fatto di sapere che egli stesso ha diretto un documentario su Arafat spingerà qualche giovane in più ad interessarsi al problema, ma nonostante l'apertura gli va riconosciuto di aver rinunciato ad ogni tentazione da mtv style.

Persona non grata, già acquistato dalla Bim per la distribuzione italiana, è annunciato su RAI 3 il prossimo 13 settembre. In ogni caso, si tratta di una testimonianza da non perdere.

Quanto a lui, Stone, finito il quinquennio sabbatico, se ne torna ai set hollywodiani: sarà infatti il produttore di Alexander, la colossale biografia di Alessandro Magno, le cui riprese iniziano in questi giorni in Marocco. Un vero peccato non averlo a Venezia per chiarire i suoi punti di vista sul documentario.



Persona non grata
cast cast & credits
 



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013