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La ricerca della memoria

di Marco Luceri
  Rosenstrasse
Data di pubblicazione su web 01/09/2003  
Negli ultimi anni importanti autori come Benigni (La vita è bella, 1998) e Polanski (Il pianista, 2002) si sono misurati con il tema della persecuzione degli ebrei da parte del regime nazista: anche questo nuovo film della von Trotta, Rosenstrasse, è interamente concepito sul filo della memoria e sulla rievocazione della tragedia dell'Olocausto; racconta i drammatici giorni del 1943 vissuti in una strada della Berlino capitale del Terzo Reich, Rosenstrasse appunto, dove centinaia di mogli tedesce di ebrei lottarono giorni e notti al freddo pungente, manifestando contro la prigionia e la deportazione dei loro mariti. La materia cinematografica è ampiamente abusata, ma la regista, raccontando una storia semisconosciuta tutta al femminile, può vantare una certa originalità nel soggetto.

Hannah, una ragazza newyorkese, figlia di genitori ebrei (la madre Ruth impone trenta giorni di lutto per la morte del marito e disapprova il prossimo matrimonio tra la figlia e il suo fidanzato Luis), per dare una spiegazione allo strano comportamento materno, si reca a Berlino dove conosce Lena Fisher, un'anziana signora che ricorda di aver accudito sua madre da bambina durante i tristi giorni della Rosenstrasse. Il triangolo tutto al femminile su cui è costruita la storia, oltre ad essere inedito ed originale, propone un vero e proprio discorso su come queste tre donne affrontano il tema della memoria. Il contrasto tra Ruth e Lena nasce dall'opposto modo di porsi delle due donne nei confronti della propria storia personale; la prima ha cercato per tutta la sua vita di annullare tale memoria, tentando di distruggere tutte le tracce che portassero anche solo alla semplice rievocazione di quella coraggiosa, ma per lei fallimentare esperienza; per la seconda, invece, che riuscì, alla fine, come quasi tutte le altre donne, ad ottenere la liberazione del marito, quei giorni rappresentano un motivo di lotta e di ferma determinazione in un momento difficile.


 

Due donne sono legate dalla stessa ricerca e a livello drammaturgico le loro due storie si intrecciano in una stretta comunanza di destini: i due personaggi condividono indissolubilmente la loro speranza di salvezza alla ricerca di un affetto rappresentato per una dal marito, per l'altra dalla madre. Balza in primo piano il profondo legame materno che si instaura tra i personaggi, con Lena nei panni di seconda madre - per Ruth nel passato e per Hannah nel presente. Quest'ultima fa della ricerca dell'affetto materno il vero motivo del suo lungo viaggio nella memoria. La riconciliazione del finale deve molto al suo ruolo di trait d'union non solo tra passato e presente, ma anche tra i due differenti tipi di memoria.

Il film conferma il talento ormai noto della von Trotta, servita da una drammaturgia che le permette di gestire molto intelligentemente queste due storie parallele giocate sul filo della memoria. La ricerca storica, soprattutto per quanto riguarda ambienti e costumi risulta fedelissima e l'ottima fotografia degli interni con i suoi colori cupi avvolge in un alone di costante precarietà la vicenda dei prigionieri, mentre gli esterni vedono una evidente alternanza tra colori freddi (blu e grigio) e caldi (rosso e giallo). La macchina da presa spesso rimane vicina ad i personaggi, seguendoli in una sorta di Kammerspiel che il cinema tedesco sembra aver ritrovato (si vedano gli ultimi film di Wenders ed Herzog), ma lasciandoli comunque a debita distanza nel loro dolore interiore; e ciò avviene soprattutto nelle numerose scene di gruppo in cui ogni donna, pur condividendo con le altre il comune destino, conserva integra una propria peculiarità, grazie anche alla sapiente alternanza tra totali e primi piani.

Rosenstrasse è un grande affresco collettivo in cui si coglie un dramma intimo, dove due differenti memorie trovano il loro punto d'incontro non solo nel ricordo, ma anche in una maternità che diventa segno indelebile di appartenenza



Rosenstrasse
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