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Scolpire i volti

di Marco Luceri
  il miracolo
Data di pubblicazione su web 31/08/2003  
La Mostra di Venezia ha reso quest'anno giustizia ad Edoardo Winspeare, in concorso con il suo terzo lungometraggio Il miracolo, giovane regista che - nonostante il nome - è un regista italiano, orgogliosamente salentino, come spesso lui stesso tiene a precisare. Rende giustizia perché Winspeare è autore di film come Pizzicata e Sangue vivo (ambedue ambientati nel Salento e parlati in dialetto), che sono stati osannati nei festival internazionali di tutto il mondo, mentre in Italia hanno avuto una pessima distribuzione e sono stati ingiustamente relegati alla visione di uno sparuto gruppo di cinefili. Fa piacere che le forze fresche del nostro cinema abbiano lo spazio che si meritano, calcando le scene di un festival importante come Venezia.

 

Il miracolo è un film per molti aspetti diverso dai due precedenti. Dalle solari e sanguigne campagne del Salento si passa alla città di Taranto, il mondo dei contadini lascia il posto alla borghesia, il dialetto leccese ad uno strano impasto linguistico tra italiano e tarantino. Un cambiamento totale non solo di scene ma anche di riferimenti sociali ed ambientali che riflettono la volontà di Winspeare di rinnovarsi e di uscire fuori dal regionalismo nel tentativo di imporsi come autore a tutti gli effetti. Il film riflette nella sua struttura il coraggio e i rischi di questo tentativo: le sue luci e le sue ombre consistono nel fatto che Winspeare ha tra le mani qualcosa di nuovo, a partire proprio dalla storia. La sceneggiatura è infatti stata scritta da Giorgia Cecere, ed è la storia di un bambino, Tonio (Claudio D'Agostino), che dopo essere stato investito da Cinzia (Stefania Casciaro), ragazza disadattata, si sente dotato di poteri che gli permettono di compiere miracoli. Il film procede, in maniera molto semplice, raccontando il nuovo rapporto che Tonio dopo l'incidente instaura con le cose e le persone che gli vivono accanto, ed in particolare con i due genitori, ma soprattutto con Cinzia, che egli continuerà a cercare ed accompagnare fino alla fine.



 

Nonostante la storia possa far pensare ad una sorta di rifugio mistico, la base da cui parte Winspeare è assolutamente realista: il meccanismo del disfacimento della famiglia borghese, travolta e soffocata dalle vicissitudini esistenziali e da un mondo esterno ad essa pronto a chiudersi ad ogni ricerca di aiuto, una città in preda alla speculazione, all'arrivismo più opportunista, una comunità di gente sola, in affanno perenne nella sincerità delle relazioni umane. E' in contrasto a questo tipo di ambiente che invece la figura di Tonio diventa esemplarmente diversa e ciò spiega molto chiaramente perché il protagonista della storia è un bambino. E' il suo modo di rapportarsi al mondo che è diverso, lo sguardo di chi cerca di trovare (non sempre riuscendoci) la bellezza dove il resto degli uomini non la cerca. L'operazione non ha nulla di mistico né di paranormale, è assolutamente umana e la quotidianità così realistica di tutto il film la rende ancora più credibile. Chiaramente la storia si sviluppa su questo binomio, su questa differenza di visione e di rapporto, con Tonio da una parte e il resto dei personaggi dall'altra.

Il miracolo vero che il bambino riesce a compiere è quello, molto più profondo, di condurre per mano gli adulti verso il disvelamento della loro essenza propria e di aiutarli a recuperare quella sincerità, ma anche quel coraggio di vivere che nell'animo umano deve continuare a resistere e ad uscir fuori. Il commovente finale non è altro che un episodio di salvezza umana che arriva nel momento più scoraggiante e triste del film - come a dire che per fare i miracoli non occorre avere dei poteri eccezionali.

 

L'aura di misticismo che però avvolge la struttura realistica del film è stata realizzata molto intelligentemente da un punto di vista tecnico. L'ottimo lavoro svolto dal direttore della fotografia Paolo Carnera che ha avvolto gli ambienti ed i personaggi in luce estremamente satura, chiara, ma non abbagliante, visto che i fasci di luce, soprattutto negli interni, hanno una fonte alta, e risaltano non solo i lineamenti fisici di volti e corpi, ma rendono bene, soprattutto nel caso di Tonio, quei momenti narrativi di sospensione che vengono inseriti ed associati a momenti della religiosità ufficiale (molto riuscito tal proposito è il montaggio alternato tra Tonio che cammina per le strade di Taranto e la tradizionale processione della Passione con i suoi costumi e la sua arcaica ritualità). Sospensioni che si legano bene anche ad una sorta di pittoricismo che Winspeare riesce a realizzare tra gli elementi naturali del mare, dell'aria, del cielo, del vento, alternati spesso a primi piani che si fanno dunque paesaggi - il regista salentino si conferma come uno straordinario scopritore di volti. Alla straordinaria e dura bellezza delle facce non corrisponde però un'altrettanto sicura capacità di recitazione, fatto imputabile alla scelta di utilizzare ancora una volta molti attori non-professionisti e anche ad un certo eccessivo schematismo della sceneggiatura. Ciò non intacca però l'onestà e la freschezza che hanno portato Winspeare alla realizzazione di quest'ultimo film che costituisce un'altra interessante sfida del nuovo cinema italiano.



Il miracolo
cast cast & credits
 
 

Edoardo Winspeare
Edoardo Winspeare







 
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