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Vajont

di Roberto Fedi
  Laura morante nel film TV "Vajont" di Renzo Martinelli
Data di pubblicazione su web 15/10/2003  
Successe quarant'anni fa, e morirono quasi 2000 persone. Alle 22 e 39 del 9 ottobre 1963 una gigantesca frana di 270 milioni di metri cubi si staccò dal monte Toc, e precipitò nel lago artificiale del Vajont prodotto da una enorme diga, costruita da poco. L'ondata la scavalcò e Longarone, un paese del bellunese che sorgeva a valle, venne completamente distrutto.

Quarant'anni dopo le rievocazioni, ufficiali e televisive. Che non ci furono - caso strano: ma in questo paese la memoria è casuale, quindi non è seria - né dieci, né venti né trent'anni fa. È probabile che un qualche merito ce l'abbia Marco Paolini, che ha portato in scena la sua ricostruzione del disastro del Vajont. Così anche la Rai ha partecipato al ricordo, mandando in rete Vajont, un film televisivo di Renzo Martinelli (8 ottobre, Rai uno). Era meglio se se ne asteneva.

Perché si tratta di un'operetta fumettistica, a metà fra la ricostruzione storica e il dramma sentimentale, di cui si sarebbe fatto tranquillamente a meno. Il film, tagliando con l'accetta senza nessuna capacità drammaturgica, divide la questione in due campi: i buoni e i cattivi. I buoni (involontariamente) sono i disgraziati che subirono il dramma, e che ancora giacciono sotto lo strato di fango solido che li ricoprì; i cattivi sono tutti gli altri, in primis la ditta costruttrice della diga, capitanata da ingegneri senza scrupoli e coadiuvata da un geologo (interpretato da Philippe Leroy) non si sa se più rincretinito o corrotto. Lo Stato, insomma il Ministero (mai nominato il presidente del Consiglio, che era Leone), è lontano e assente, e quindi (sembrerebbe di capire) innocente o almeno incolpevole.

Tutto è distaccato, poco realistico, banalizzato. Non è un film catastrofico (qui la catastrofe fu reale), perché gli effetti speciali sono da video game; non è un film-denuncia, perché non c'è nessun pathos storiografico; non è un film d'azione, inesistente; non è neanche un film sentimentale, perché la storia d'amore che vi si racconta (fra un geometra della ditta e una ragazza di Longarone, che muore nel disastro) è illustrata come in un fotoromanzo.

Non si capisce come qualcuno riesca a rendere credibili i dinosauri, e questi qui non siano capaci di far venire i brividi raccontando una storia vera di morti a migliaia come questa. La colpa è anche degli interpreti, monotoni e statici come poche volte ci è accaduto di vedere anche in Tv. Fra questi l'eccezione è Laura Morante, qui nella parte di una giornalista dell' "Unità" che denuncia i pericoli della diga. E forse è peggio. Perché la Morante, che ormai entra nelle scene come se dicesse "adesso ve lo sistemo io il film", si è creata un cliché di donna accigliata, isterica, perennemente incavolata e anche urlante che risulta francamente insopportabile, e che alla fine curiosamente stride in un film come pochi recitato senza convinzione né forza.

Fra le perle, una di tipo linguistico e una di carattere paraideologico, o para-qualcos'altro. "Vorrei avere anch'io una storia così", dice la ragazza innamorata del pensoso geometra (mai un sorriso: va bene che è un montanaro, ma insomma anche lassù ogni tanto, prima delle tragedie, una risatina qualcuno l'avrà fatta), ignara del fatto che l'espressione, agli inizi degli anni Sessanta, era ignota. Più ridicola la seconda. L'incavolatissima e ombrosa giornalista dell' "Unità" arriva (costei è sempre in mezzo, non si sa perché) di fronte a una chiesa, mentre un parroco esorta i fedeli a ribellarsi allo strapotere dell'onnipresente Società costruttrice, neanche fosse un teologo della liberazione in vacanza sulle Alpi. Un'occhiata: e i due, decisamente, si danno la mano (primo piano delle due mani strette, che è veramente il caso di definire, con un termine che pure non ci piace, cattocomuniste), prevedendo se non la frana del monte Toc senz'altro i destini elettorali di quarant'anni dopo.

Non vogliamo fare la morale a nessuno: ma 1910 morti avrebbero meritato qualcosa di meglio.





Vajont

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La locandina del film
La locandina del film "Vajont"




 
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