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Esprit de finesse

di Roberto Fedi
  Sabina Guzzanti in "Raiot - Armi di distrazione di massa"
Data di pubblicazione su web 25/11/2003  
Siccome ogni tanto ci càpita di sentirci buoni, anche perché a fare i cattivi a tempo pieno alla fine ci si stanca, avevamo evitato di parlare del programma ormai (ahimé) famoso di Sabina Guzzanti, Raiot: sbagliato fin dal titolo, andato in onda per una botta e via. Un programma così brutto, noioso, pretenzioso, predicatorio che ci era sembrato da malintenzionati dedicargli la solita stroncatura. Qualche volta, ci siamo detti, il silenzio è d'oro.

Ci esprimiamo qui, naturalmente, dal punto di vista televisivo: visto che quello ideologico non ci compete in questa sede: e, semmai, abbiamo un tale rispetto per le ideologie - come per le religioni - che a dirla tutta le affidiamo di solito a menti più fini.

Apriti cielo. È venuto giù il mondo: cioè, quel mini-mondo che di solito si occupa delle nostre beghe di provincia. E così la signora Guzzanti è entrata ormai a far parte delle 'resistenti' ufficiali e a tempo pieno. Dove si dimostra ancora una volta che la censura, o come si vuol chiamare, sembra fatta apposta per far del bene ai censurati o presunti tali: al punto da far diventare uno dei programmi più sgraziati mai visti sullo schermo un 'cult'. E a far parlare di sacralità della satira a ogni piè sospinto, soprattutto da parte di chi la satira (quella subìta) l'ha sempre accolta a suon di denuncie e richieste di danni miliardari.

Ma così va il mondo: anzi, così andava nel secolo ventesimo primo (e anche ventesimo tout-court). Così ci siamo guardati, facendoci forza, la puntata di sabato 22 novembre de L'infedele (La7, prima serata) condotto dall'uomo del titolo, Gad Lerner, ormai in preda del più istrionesco e per altro pleonastico outing politico degli ultimi tempi (per informazioni sulla sua probabile candidatura per l'anno prossimo, si rimanda alla "Stampa" del giorno stesso, pagina 8).

Puntata dedicata appunto al 'caso' Guzzanti. Vari ospiti, tutti in ansia di libertà. In collegamento la Guzzanti, in primo piano sullo sfondo come un'icona: faccia dura, quasi catatonica, senza un briciolo non si dice di ironia, ma neanche di cortesia (e la satira? mah). Dall'altra parte Giuliano Ferrara, anch'egli su schermo, che come al solito se la rideva. Nel mezzo, appunto, il Gad saltellante.

Come sempre in questi dibattiti, sembrava che si stesse discutendo dello sbarco in Normandia. Chiarezza poca o punta, se non negli schieramenti politici dei vari giornalisti presenti: che, come sempre, sono specialisti nell'urlare, nel togliersi la parola a vicenda, e nel non fare il loro mestiere, che sarebbe quello di informare. Come sempre, la trasmissione era fatta non per il pubblico, ma per gli adepti: gli unici cioè che capiscono al volo le allusioni, i riferimenti, le urla strozzate e il perché degli insulti. Come accade nelle caserme, negli stadi, nei seminari (crediamo) e insomma in tutti i consessi autoreferenziali.

E la Guzzanti? dura come un sasso, immobile, se l'è presa con tutti, presentandosi come una martire di un paese ormai ridotto alle barricate. In particolare con Ferrara, lì accanto 'in schermo', che l'aveva definita "ignorante". Lo ha chiamato anche "ciccione": che, se non ci sbagliamo, oltre a non significare nulla, non è cosa politicamente corretta e neanche satirica - e del resto aveva parlato di "razza ebraica" nel programmino di cui sopra, per dire la finezza. Mentre quello bofonchiava, gliene ha dette di tutti i colori, insofferente di tutto. Un po' come al bar, in periferia, quando dal discutere di Milan-Inter si passa a esprimere qualche dubbio sull'intelligenza, e magari la mamma e la moglie e la sorella dell'interlocutore.

Il bello era che il Gad, tutto felice, saltellava come un grillo. Finalmente, ha anche detto, l'offesa che finora era appannaggio della destra è divenuta anche un'arma della sinistra! Sbalorditi, soprattutto della sottile ricostruzione storica, quasi non credevamo alle nostre orecchie quando la satirica Guzzanti, con faccia schifata ma comunque catatonica (sembrava una delle sue plumbee e tristissime imitazioni, e forse lo era) ha detto a Ferrara: "sei una fetecchia".

Lo studio si è eccitato come se avesse sentito il Verbo. Bellissimo! ha strillato Gad, contento come un grillo a Pasqua. Bellissimo! Fetecchia! Meraviglioso! E tutti giù ad applaudire.

Ora: per chi non lo sapesse, 'fetecchia' (dal latino foetere) è parola napoletana, a dir poco greve, che in italiano si potrebbe eufemisticamente tradurre con 'flatulenza'. Detta da Totò, se mai l'ha detta, in un contesto comico e ironico è una battuta surreale; detta dalla Guzzanti, con quella faccia, è un insulto, un'offesa pesante. Come di solito la sua cosiddetta satira.

Che lì abbia suscitato applausi, risate, gridolini e consensi è solo il segno dei tanfi. Pardon: dei tempi.




 
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