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Contaminare / sperimentare

di Gabriella Gori
  Amelia
Data di pubblicazione su web 14/12/2002  
Non sono pochi gli artisti che trovano la loro maniera di esprimersi nella costante ricerca di soluzioni inedite, che scaturiscono da continue contaminazioni e sperimentazioni. Non è fuori luogo dunque ascrivere al "manierismo" coreutico, nella sua accezione positiva, la creatività coreografica di Eduard Lock, artista canadese che negli anni Ottanta stupì per il suo modo di trattare danza e danzatori. All'epoca spiazzò il pubblico per l'energia coinvolgente e sconvolgente con cui si appropriava dello spazio scenico, che diventava banco di prova di insperate potenzialità di corpi in movimento e occasione per spingersi fino al limite del "taking risks"("correre il rischio"), il suo motto preferito. In anticipo aveva creato la danza acrobatica che sfidava la forza di gravità e reso i ballerini capaci di 'dialogare' con il rock più duro, in una tensione spasmodica di passi e sequenze giocati, come in una moviola calcistica, sull'accelerazione furiosa e la pausa improvvisa.

Padre e mentore dei La La La Human Steps, la compagnia fondata nel 1980 e più volte premiata, Lock aveva in Louise Lecavalier la musa ispiratrice e l'interprete della sua guizzante scrittura coreografica. Ballerina androgina dall'afflato post-modern, Louise fagocitava la scena con i sui lanci in orizzontale, le sue turbinose pirouettes, i suoi contatti violenti con il partner, e primeggiò in Sound and Vision, la tournée di Davide Bowie del '90 curata da Eduard e immortalata in un famoso video. Nel '99 la Lecavalier ha lasciato il suo pigmalione ma lui, ormai innalzato all'olimpo della coreografia internazionale, non sembra averne sofferto e, in ossequio al "manierismo" coreutico, ha continuato ad esplorare nuovi orizzonti. L'artista, muovendosi su un terreno anomalo per il contemporaneo, ha recuperato la più rigorosa tecnica classica e l'uso delle scarpette da punta, dimettendo atteggiamenti punk-rock ma conservando di questi la gestualità scomposta e 'schizzata' degli arti superiori.

Amelia, la nuova creazione presentata al Teatro Comunale di Ferrara dai La La La Human Steps, è il frutto di questa ricerca iniziata da Lock con Salt e oggi portata in scena da danzatori bravissimi e quasi robotizzati, che mettono in danza il mondo maschile alle prese con un universo femminile sfuggente, incomprensibile ma irresistibilmente affascinate. In una raffinata atmosfera noire, esaltata dalle canzoni di Lou Reed e dalla musica minimalista di David Lang per violino, violoncello, pianoforte e voce, si muovono quattro danzatori in fruscianti completi scuri (Liz Vandal) e cinque danzatrici in fascianti body neri, ginocchiere e scarpette da punta. Coni di luce metallica ideati da John Murno delineano la muscolatura delle ballerine mentre su tutti incombe, a più riprese, l'immagine virtuale di una tersicorea, una Lara Croft in pagliaccetto, che appare, offuscata da trine e merletti, in un medaglione che cala dall'alto.

In un immaginario trapasso dalla dimensione computerizzata alla realtà umana, la bambola si trasforma in oggetto del desiderio e prende vita nei corpi delle protagoniste, maneggiate da partner vogliosi e alla disperata ricerca del meccanismo di funzionamento. Ecco allora scorrere ad una velocità impressionante un continuum di assoli, passi a due, terzetti, quartetti, in cui gli interpreti coniugano virtuosismi della danse d'école e furori gestuali di braccia, busti e teste, rubati ai più disparati linguaggi coreici del nostro tempo e utilizzati in un sapiente contrappunto stilistico. Frenetici battements sur le cou de pied, echappés, pirouettes, retirés, spesso risolti anche in posizioni en denans, costituiscono i 'vocaboli' di un fraseggio coreografico che inventa per stupire e ci riesce solo quando non indulge troppo nella reiterazione di enchainements già proposti.

Questo forse il neo di un spettacolo che si protrae per quasi due ore ma che, per fortuna, si riscatta dalla noia incipiente con l'adrenalinica danza di gruppo dei quattro uomini, un momento davvero entusiasmante per la fluidità delle legazioni e la strabiliante versatilità dei ballerini. E a loro vanno i plausi più sentiti come a Nancy Crowley, dall'invidiabile gioco en pointe di gambe scattanti e veloci come sùaette, alla morbida e flessuosa Zofia Tuajaka, alla perfetta Mistaya Hemingway, alla diafana Chun Hong Li, ritratta nel medaglione e simbolo di delicatezza ed evanescenza orientali.


Amelia
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Amelia

     

 
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