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Due età della passione

di Laura Bevione
  Peccato che fosse puttana
Data di pubblicazione su web 17/07/2003  
Il maestoso Teatro Farnese di Parma accoglie quello che appare come un dramma di sangue e di vendetta, di amoralità e corruzione, ma che in realtà è un'acuta e disincantata indagine sulla natura dei rapporti umani. Luca Ronconi scava con indefessa curiosità nel testo di John Ford – che, lo ricordiamo, fu pubblicato nel 1633, pochi anni dopo la morte di Shakespeare – e mette in scena uno spettacolo che, malgrado il generoso spargimento di sangue, è in primo luogo una spietata analisi dei desideri e delle frustrazioni che la relazione con l'altro innesca. Il regista liquida con ironia il gusto senechiano di cui il testo è impregnato – il trapasso dei personaggi colpiti a morte avviene dopo un tempo esageratamente e inverosimilmente prolungato – e preferisce concentrarsi su quel «senso di precarietà e inutilità» (A. Lombardo) che percorre tutta la produzione di Ford.

Precarie e in fondo inutili sono, infatti, le norme morali e di convivenza sociale nella viziosa Parma in cui il drammaturgo ambienta la fosca vicenda dell’incesto fra Giovanni e Annabella, fratello e sorella circondati da uomini e donne tutti, in misura più o meno marcata, ambigui ovvero corrotti. Ronconi individua nel fitto corpus dei personaggi una precisa struttura a coppie, ognuna caratterizzata da una significativa differenza d'età fra i due membri, e oggettivizza questa intuizione costringendo gli attori a continui e prolungati abbracci, che, tuttavia, denotano più possessività che sincero affetto. Le coppie – Giovanni e Frate Bonaventura, Annabella e Puta, Soranzo e Vasques, Bergetto e Poggio, il Cardinale e Grimaldi, ma anche Ricciardetto e la nipote Filoti – si fondano sull'interesse e sulla necessità, anche quando l'apparenza suggerirebbe invece una relazione basata sulla pura gratuità. Così Frate Bonaventura agisce per difendere la propria rispettabilità più che quella del suo "pupillo" Giovanni, mentre Puta accarezza Annabella con un atteggiamento che mescola istinto materno represso e femminile invidia per i molti corteggiatori della ragazza.


Peccato che fosse puttana


Da questa ambivalenza – e ricordiamo che l'ambiguità è la cifra dominante il dramma di Ford – è nata la scelta di concepirne due diverse versioni: la prima con attori più "maturi", la seconda messa in scena con interpreti molto giovani e tutti uomini. Non è stata l'ansia filologica a muovere Ronconi – come è risaputo fino al 1642 nei teatri inglesi le parti femminili erano affidate a ragazzi – quanto il desiderio di esplorare e dipingere due modi diversi di affrontare e reagire a impulsi quali l'amore, la rabbia, e l'invidia. Se gli abbracci servono a esprimere l'affettività malata dei personaggi, le corse frequenti, i movimenti frenetici e i salti ne veicolano la carica di energia nevrotica in disperata ricerca di un oggetto su cui scaricarsi, ovvero ne visualizzano i tormenti interiori. Annabella si rotola lungo uno degli scivoli della pedana in legno, leggermente inclinata, che occupa la platea del Farnese, mentre Vasques salta con veloce decisione fra i vari livelli della stessa. Una struttura scenografica che riprende i motivi architettonici del teatro e che è complicata da praticabili che, sollevandosi, simulano portoni e logge, e da botole che si aprono per far apparire e scomparire i personaggi. La pedana, ancora, consente di risolvere in maniera suggestiva frangenti significativi del dramma: nel primo atto, Giovanni e Annabella, poco prima della loro reciproca dichiarazione, camminano su due piani paralleli ma separati da una sorta di conca, fingendo soltanto di tenersi per mano. Ronconi sembra in questo punto indicare visivamente l'impossibilità di quel legame che contiene, iscritta nel suo destino, l'inevitabile morte.

L'attenzione del regista, nondimeno, non è concentrata tanto sull'incesto, quanto sulla rete di relazioni che anima la società in cui i due vivono. Non a caso, i protagonisti veri del dramma non sono Giovanni e Annabella – e, di conseguenza, i loro interpreti non sono due primattori – ma quel Vasques, un servo fra l'altro, che scaltramente manovra l'esistenza non soltanto del proprio signore Soranzo, ma anche di Ippolita e di Ricciardetto e, come nel gioco del domino in cui una tesserina fa inevitabilmente crollare quelle successive, indirettamente quella della maggior parte degli altri personaggi. Vasques diventa una sorta di alter ego del regista – e alcune sue battute hanno valenza metateatrale, per esempio quando commenta che il suo padrone ha «recitato da cani» - incaricato di portare alle loro estreme e luttuose conseguenze i crimini compiuti o premeditati dalle altre dramatis personae.
 

Peccato che fosse puttana


Vasques è magistralmente interpretato da Riccardo Bini, che sa essere cinico e violento, fedele amorevolmente ma allo stesso tempo con rigida determinazione, e da Giovanni Crippa, che sostituisce all’intransigenza del collega una certa frustrata malinconia. Entrambi gli attori forniscono un’interpretazione matura e "rotonda", precisa e coerente in ogni dettaglio, e un giudizio analogo vale per le prove di Barbara Valmorin e di Antonio Zanoletti, anch'essi impegnati in parti primarie all'interno del dramma. Valmorin è una Puta affettuosa e pragmatica, volgare e sensuale come lo sono le popolane, mentre Bini – caschetto biondo e sigaretta sempre ficcata fra le labbra - ne offre un ritratto da consapevole e compiaciuta mezzana. Zanoletti, invece, è un Frate Bonaventura più energico e spiccio rispetto a quello più pensoso reso da Crippa. Da segnalare anche un'altra prova matura, vale a dire l'Ippolita di Pia Lanciotti, che vanta un'autorevole presenza scenica e riesce con una mimica facciale e una gestualità enfatiche e sopra le righe a incarnare l'isterica rabbia del personaggio. La coppia Giovanni e Annabella merita un discorso a parte, poiché è proprio nell'impostazione della recitazione dei rispettivi interpreti che Ronconi trae la giustificazione alla scelta di allestire lo stesso testo con due cast diversi.

Nel primo spettacolo i due incestuosi sono giovani alle soglie dell'età adulta, più maliziosi ma anche maggiormente frenati da una sviluppata propensione alla riflessione e all'accurata ponderazione dei propri atti. Così la Annabella di Laura Pasetti è animata da nevrotica sensualità mentre il Giovanni di Luciano Roman palesa una certa rigidità, soprattutto nel busto, e solamente nella scena finale, allorché il suo personaggio raggiunge una piena autonomia di pensiero, acquista scioltezza e persino maggiore fermezza della voce.

Nel secondo allestimento, all'opposto, i due fratelli sono adolescenti, incoscienti e quasi innocenti – vestono abiti candidi, a differenza del nero dei costumi di Pasetti e Roman – e appropriata è stata la scelta di affidarne l'interpretazione a giovani praticamente debuttanti. Se la prova di Francesco Martino ci è apparsa sostanzialmente incolore, è invece doveroso lodare Nicola Russo: una Annabella capricciosa e volubile, ma anche determinata e severa come lo sono certe adolescenti, dai movimenti franti e chiusi in sé stessi a esprimere l'incertezza e la paura ma anche il desiderio di assecondare i propri istinti. Gli altri interpreti hanno offerto prove fra loro disomogenee, e tuttavia entrambi gli spettacoli – fra i quali non vi sono altre differenze significative – ritraggono con ironia e disincanto una realtà in cui i veri crimini contrari alla natura si celano dietro facciate di nobile rispettabilità.



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cast cast & credits
 

 

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