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Su e giù dal palcoscenico

di Marco Luceri
  Un'immagine del film
Data di pubblicazione su web 07/04/2004  
Suona molto strano, bizzarro quasi, questo ritorno di Robert Altman: dopo le atmosfere rarefatte di quel riuscito giallo alla Agatha Christie che è stato il precedente Godsfort Park, il grande vecchio del cinema americano, sottile ed acuto osservatore dei microcosmi del suo Paese, con il nuovo The company ci narra il mondo della danza, seguendo in scena e "fuoriscena" una delle compagnie di balletto più importanti d'America. E' il Joffrey Ballet, famoso in tutto il mondo per avere un repertorio che mescola la tradizione e il classicismo con le più innovative spinte della modernità.

Il film deve la sua realizzazione soprattutto all'impegno di due donne: la giovane attrice Neve Campbell e la sceneggiatrice Barbara Turner; la prima, interprete oltre che produttrice del film, ha fatto il suo apprendistato in palcoscenico da ballerina, studiando danza classica, e da tempo nutriva la volontà di realizzare un film sul mondo del balletto. Affiancata in questo dalla Turner, si è immersa per circa due anni nell'universo del Joffrey Ballet, condividendone la vita notte e giorno, sul palco e fuori, durante le prove fino alla realizzazione degli spettacoli.

Neve Campbell
 
Appare chiaro come la scelta di un regista come Altman sia stata fatta alla luce di questi motivi: con la sua elegante sobrietà egli ha quasi sempre messo in scena dei microcosmi affollati di personaggi e caratteri, riuniti sotto l'ombrello della coralità per raccontare (con un occhio rivolto alla letteratura di Raymond Carver) l'America di oggi; in The company il soggetto del racconto è una compagnia di balletto, un microcosmo di uomini e donne che vivono spesso in simbiosi "corale", amplificando spesso le coreografie del palcoscenico nella vita vera di ogni giorno. Per questo non è un caso se la giovane generazione di registi americani, da Tarantino a Mendes, spesso tributi più o meno inconsapevolmente il suo omaggio al maestro di Nashville, Kansas City e America oggi.

Lo stile di The company si discosta però molto dalle opere precedenti. Pur essendo un film corale, in esso non emergono quasi per niente dei personaggi drammaturgicamente e visivamente determinanti. Non ci sono dettagli o sviluppi particolari, tranne la storia d'amore tra la protagonista, la ballerina Rye, interpretata dalla Campbell, e Josh, l'unico non ballerino del film che fa l'aiuto cuoco; ma la loro storia, che nel racconto procede ad episodi isolati, lontani, sfilacciati quasi, fa più da cornice che da contenuto alla storia della compagnia. Infatti sotto la direzione di un eccentrico e vanitoso direttore interpretato da Malcom McDowell (forse fin troppo caricato nella parte, ma comunque eccellente in molti momenti del film, comprese le sottili, irresistibili parodie del personaggio più famoso da lui interpretato, l'Alex di Arancia meccanica), il gruppo di ballerini prepara di volta in volta una serie di spettacoli da mettere in scena e allora il racconto del film è costituito proprio dalle lunghe ed estenuanti giornate dedicate alle prove e agli esercizi fisici.

Neve Campbell e Malcom McDowell
 
Sono lunghi (e spesso solitari) momenti di grande fatica: le immagini trasudano dolore, stanchezza, ma anche determinazione, impegno. I corpi e le loro articolazioni dolenti, i piedi massacrati, gli sconforti per gli incidenti fisici indesiderati che spesso troncano sogni, tutto rientra nella dimensione corale per raccontarci però come dietro di essa ci sia una miriade di storie individuali e come ognuna di esse converga poi, nella dimensione scenica, in quelle meravigliose coreografie rese celebri dal Joffrey Ballet. Non è un caso infatti che, a tal proposito, Altman si serva dello zoom, del sovraffollamento visivo determinato dalle pareti a specchio delle sale di prova e del suo consueto "overlapping dialogue".

La narrazione si interrompe, come se il cinema si mettesse da parte per un istante, quando Altman sale con la mdp sul palcoscenico e costringe lo spettatore ad ammirare silenzioso la musica ed i movimenti dei ballerini sulla scena, nella dimensione spettacolare di eleganti coreografie che spaziano dalla danza classica a quella moderna (c'è persino una coreografia su musiche di Angelo Badalamenti e David Lynch), dagli omaggi alla Füller, alla Duncan, a Laban e Nurejev, che si mischiano a My funny Valentine: sono, questi momenti di sospensione narrativa e di religiosa contemplazione, i migliori del film, quelli in cui Altman mostra con la sua eleganza, un rispetto quasi mistico (e mai partecipe) nei confronti del mondo artificioso del balletto, perfetto nella sua grazia.

Joffrey Ballet
 
Tuttavia nella commistione tra vita di scena e vita reale, in quel grande contenitore che è la finzione cinematografica, The company ci ricorda, non senza un tocco di cinismo, che la realtà più immediata ed umana è pur sempre e comunque fuori da questa dimensione, al di là di tutte le contraddizioni e di tutte le voci del mondo. Su e giù dal palcoscenico.

 


The Company
cast cast & credits
 

Locandina




 
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