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Francesca da Rimini seduta nel Chiostro

di Gherardo Vitali Rosati
  Chiara Muti
Data di pubblicazione su web 29/06/2004  
Il seicentesco chiostro della Biblioteca Classense si mostra timidamente: poco alla volta le luci ne svelano un particolare facendolo apparire ora gioioso come un idillio campestre, ora tremendo come l'Inferno. Sullo stesso contrasto vive la figura di Francesca che si abbandona ai ricordi più felici con infantile trasporto per poi ricadere nella tormentosa angoscia dovuta forse più alla minaccia terrena che ad un reale senso di colpa.
Sulla scia delle parole dette al Dante pellegrino, prosegue la sua confessione rivolgendosi ancora ad un ideale suo ospite che la spinge a ripensare confusamente al passato; ma parla anche a Paolo che ascolta in silenzio, con quelle sue lacrime care al Contini che ci vide, oltre alla condivisione del dolore di Francesca, un segno concreto del pentimento. Ma la nostra Francesca non pare pentita come la vuole Dante, il suo disprezzo per il castigo divino condanna in realtà chi su un ipotetico Inferno fonda le sue ipocrite critiche pretendendo di negare al mondo quei piaceri che egli è incapace di vivere.

Adottando quindi la versione romantica del personaggio, Nevio Spadoni costruisce un monologo che unisce dialetto e italiano come sospiri e gemiti, gioie e dolori. Scendendo nella più remota intimità di Francesca ne scopre le improvvise risate che la portano a gioire scherzando per gli alberi del chiostro, ma anche il più profondo terrore accompagnato sempre da luci infuocate e da musica tetra. Pian piano così il chiostro assume una forma diversa: si trasforma grazie ai suoni diffusi da altoparlanti sparsi per tutto lo spazio e grazie alle luci che ne mostrano piccoli segmenti con interessanti simmetrie. Grazie al lavoro del musicista elettronico Luigi Ceccarelli la voce di Chiara Muti si fonde col violino di Diego Conti e con suoni e voci campionate: la grande attenzione all'impostazione vocale della protagonista, che in altri momenti affievolisce la sincerità interpretativa, viene così a valorizzarsi in un puro suono.


Il fascino del chiostro, accresciuto da musiche e luci, trasforma il dramma di Francesca in puro pathos, percezione immediata; le parole ne razionalizzano le emozioni senza affatto dominare sugli altri sensi. Testo e recitazione divengono semplicemente una parte del tutto, come del resto gli autori precisano nel programma di sala.

Francesca da Rimini
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