LAlceste di C.W. Gluck è andata in scena, come primopera della stagione operistica 2004-2005, al Regio di Parma. Si tratta di un capolavoro dal peso storico-musicale consistente. Rappresenta laspetto (il più avanzato del suo tempo) di unopera italiana che intende riformarsi dall'interno, sfuggire alla dittatura dellinterprete ma anche alla rigidità degli schemi recitativi-arie di Metastasio, che a loro volta erano stati una risposta ordinatrice alla ‘confusione delle arie e delle strutture dellopera del primo 700.
Alceste debuttò al Burgtheater di Vienna nel 1767. La prima edizione della partitura (Vienna, 1769) contiene uninteressante prefazione di Gluck (forse aiutato da Ranieri de Calzabigi, autore del libretto) in cui si legge: «Quando presi a far la Musica dellAlceste mi proposi di spogliarla affatto di tutti quegli abusi, che introdotti o dalla mal intesa vanità de Cantanti, o dalla troppa compiacenza de Maestri, da tanto tempo sfigurano lOpera Italiana». Lintento è sottrarre sia lopera italiana, sia il compositore alla dittatura esercitata dai cantanti dell'epoca su musica e drammaturgia a volte anche contro il ‘buon senso e andando solo nella direzione dellesibizione del virtuosismo personale.
La struttura dellAlceste può risultare a un pubblico più abituato allafflato e allenergia romantiche e italiane di Verdi quella di unopera algidamente rococò che apre e inventa il classicismo. Alceste, tuttavia, è adattissima, per limportanza e lo spazio che i cori hanno al suo interno in forma affatto originale, a un teatro come il Regio di Parma in cui il coro, uno dei migliori in Europa, è spesso protagonista delle serate liriche parmensi.
LAlceste di Liliana Cavani, chiamata alla regia insieme a Dante Ferretti, scene, e Alberto Verso, costumi, ha sofferto, a nostro avviso, di una lettura-traduzione che ha finito per allontanare il pubblico da una musica e da una drammaturgia che non concedono molto allo ‘spettacolare. La scenografia intendeva giustamente rinviare al contenuto classico programmatico dellAlceste (ripresa della tragedia di Euripide) con una sorta di palazzo regio ‘emulo esplicito della scena fronte palladiana dellOlimpico di Vicenza. Tuttavia, i costumi, un melange stilistico di abiti dellaristocrazia-alta borghesia e dei militari di primo Novecento, non hanno funzionato, come non ha funzionato lidea di una corte mittleuropea indefinita che sostituisse la Tessaglia del re Admeto e di Alceste. Limmissione di un elemento novecentesco non ha aiutato in questo caso a tradurre unopera come lAlceste di Gluck (dai molteplici significati: musicale, drammaturgico, massonico) attraverso un effetto straniante risultante dalla ‘collisione di drammaturgia, musica e costumi. Fuori luogo e ingombrante il treno diretto verso un non meglio identificato campo di prigionia o sterminio tedesco e usato per accogliere le anime in attesa di varcare il fiume infernale: non tanto per per l'evidente forzatura e per il suo significato, quanto per la stonatura tra loggetto e lo spazio-sfondo ‘palladiano.
Figurini per le dame di corte
La musica di Alceste non è facile e non trascina le folle. Ha una struttura maestosamente adamantina che, proprio come le parole di Gluck nella prefazione del 1769 lasciano intendere, niente lascia al protagonismo virtuosistico dei cantanti che sono chiamati più a un ‘virtuosismo virtuoso piuttosto che a un brillante o scoppiettante inanellarsi di arie e festoni musicali-vocali. Inoltre la trama dellopera è straziante e luttuosa: il sacrificio di Alceste, moglie del re Admeto malato, che chiede alle divinità di morire al posto del marito. Nella scena finale, Apollo (vero deus ex-machina), mosso a compassione dal gesto estremo della regina, riporterà Alceste in vita e all'affetto del consorte guarito e dei figli. Nelledizione originale era previsto che il dio discendesse su una nuvola, 'strumento scenografico' in uso fin dal '400. Nella ‘visione della Cavani il nume arriva in veste di gentiluomo di campagna, quasi giovin signore, con corteggio di allegri villici con mazzi di spighe in mano e abiti chiari ed eleganti, quasi cechoviani. A volte si dovrebbe ripensare e riproporre fedelmente le soluzioni previste dalloriginale dellopera. Si otterrebbe un effetto straniante molto più ‘educativo e deffetto mettendo in scena prime donne con i guardinfanti settecenteschi e divinità discendenti da nubi rococò piuttosto che un confuso miscuglio di uniformi parazariste e di aristocratici e borghesi da Baden-Baden.
Figurini (corteggio di Apollo)
Bravi gli interpreti, tra cui si segnala la notevole Alceste di Anna Caterina Antonacci, capace di interpretare un ruolo difficile e faticoso, dalle sfumature molteplici, vocali e drammatiche, e dalle difficoltà canore forse non così evidenti ma presenti e ardue. A parte il coro, ottimo come sempre, gli altri intepreti-personaggi si attestano tutti su un buon livello, come lAdmeto di Donald Kaash, anche se non aiutato da un gestire felice. Lorchestra, seppur eccellente e ottimamente diretta da Bruno Bartoletti, a tratti non è sembrata dare i giusti rilievi alla complessa e nitida partitura di Gluck e, sebbene non abbiano disturbato la resa generale, si sono sentite anche delle piccole, veniali, sbavature. Lo spettacolo è stato nellinsieme impegnativo (oltre quattro ore). UnAlceste bella e ben interpretata, una produzione sontuosa che però, a nostro avviso, è parzialmente riuscita nella traduzione registica della drammaturgia musicale.
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