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L'oggetto fa il museo. La Galleria Ferrari a Maranello

di Gianni Cicali
  Galleria Ferrari
Data di pubblicazione su web 07/01/2005  
Negli ultimi anni sono stati aperti musei di ogni genere, molto spesso piccole o grandi cattedrali nel deserto riempite, ahinoi, di oggetti che pretendono di essere arte e arte non sono. I casi non sono pochi, purtroppo, e non di rado si avvalgono anche di soldi pubblici.

La nostra epoca, da un punto di vista artistico, soffre di un'ipervalutazione critico-artistica di oggetti che, temiamo, tra pochi anni si rivelaranno per quello che sono: onanismo intellettuale favorito da interessi di mercanti d'arte. Sacchi di spazzatura appesi a un chiodo che valgono più di un Tiepolo! Incredibile e fuori dalla storia.


Galleria Ferrari


Ci sono musei, invece, che pur privi di una struttura architettonica eclatante o geniale come il Guggenheim di Bilbao o il nuovo museo di Rovereto, sono 'fatti' dagli oggetti esposti. E' il caso della Galleria Ferrari di Maranello, a due passi dalla fabbrica più famosa del mondo. Anche se la galleria non si può definire propriamente un 'museo', ma un'esposizione in divenire tra passato e presente tecnologico.

Dire qualcosa della Ferrari, della sua storia, del suo geniale fondatore Enzo e del suo attuale 'rifondatore' Luca di Montezemolo (brillantissimo 'restuaratore-innovatore', un caso unico di management) è probabilmente superfluo. Tuttavia, pur trattandosi di una galleria sui generis, l'impatto 'artistico' è tra i più importanti.


Galleria Ferrari


Che Andy Warhol avesse colto quasi tutto dell'essenza contemporanea dell'arte lo si capisce proprio osservando le costosissime Ferrari da collezione o i modelli reduci e onusti di glorie dai campionati del mondo delle ultime stagioni ed esposti a Maranello. L'artista slovacco (anzi ruteno) lo aveva capito partendo dai 'collages' di scarpe e transitando poi per le scatole di fagioli e il volto (sublime) di Marylin fino alle polaroids scattate casualmente, come sovente casuale è la celebrità raggiunta da divi, dive e 'oggetti' dei nostri giorni

Le Ferrari, oggetto di culto che stranamente non suscita invidia ma ammirazione, sono quanto di più warholiano l'industria abbia (incosapevolmente) creato. Un'industria localistica e internazionale al contempo, una volta artigianale e oggi all'avanguardia come i laboratori della NASA. Una realtà 'paesana', artigianale appunto, proiettata, per una singolare combinazione di genius loci, sapienza, passione e dedizione nel mondo delle corse, in quello dell'industria e della finanza ma anche dell'arte.


Galleria Ferrari

Inutile illudersi: non abbiamo più né i Michelangelo né i Ciseri (artistica accademico 'minore' del XIX secolo di origine svizzero-italiana), ci rimangono le Ferrari. Oggetti in cui le esigenze strutturali e funzionali (aereodinamica e potenza, soprattutto) riescono a coniugarsi con un fine di bellezza esteriore e fine a sé stessa. Sono, senza saperlo, eredi di una straordinaria tradizione che possiamo far risalire a Brunelleschi, il più grande architetto 'moderno' che associò, infatti, le conoscenze pratiche sviluppate nel lavoro per la grande cupola del Duomo di Firenze a un fine estetico-drammaturgico per l'allestimento di sacre rappresentazioni con 'effetti speciali' che del know-how e della strumentazione cantieristica furono la traduzione-ricaduta spettacolare.

La tradizione italiana capace di coniugare una straordinaria funzionalità a una superiore bellezza per mezzo della sapienza di geniali 'capomastri' (come lo era, nel senso migliore del termine, anche Enzo Ferrari) e non comuni maestranze è qualcosa che va oltre il dato ormai popolare e trito del 'genio italico' e si apre, data la caratteristica di fenomeno di massa dell'evento sportivo-industriale, a profonde considerazioni sociologiche e storiche che tuttavia non vogliamo affrontare. Le meravigliose automobili esposte nella Galleria Ferrari associano la potenza, l'aggressività a una gentile eleganza mai stucchevole, spia di un'origine 'agraria' che quasi coincise con il mito della velocità proposto dai futuristi.


Galleria Ferrari


Le masse che osservano i Van Gogh dei musei olandesi o parigini o i Botticelli dei musei fiorentini non 'palpitano' empaticamente (nella maggior parte dei casi) come avviene a quelle che si trovano di fronte a un motore di Maranello (200.000 visitatori l'anno). Molti dei ragazzini che vengono 'forzati' e vedere le nostre gallerie si annoiano o scarabocchiano sui muri mentre non si annoierebbero affatto di fronte all'ultima rossa, la potentissima Enzo: una 'tiratura' di poco più di 300 esemplari tutti già venduti a selezionatissimi clienti che l'hanno acquistata sulla base del disegno e non del prototipo. Il concetto che l'arte con la A maiuscola debba per forza essere quella di certi musei è forse deleterio come l'ignoranza dei medesimi e non produce (ci pare proprio di poterlo dire) molti frutti, stando a quanto si vede in giro.

Gli immigrati, brutali, ferini, ma anche gentili e arcaici che dai paesi dell'est giungono da noi sono impressionati non dalle cupole di Brunelleschi o Michelangelo, ma dalle nuove cattedrali dei mega centri commerciali; non si coprono della delicatezza di un Filippino Lippi, ma di nuovi paramenti sacri: jeans di marca, telefonini, oggetti. Le Ferrari rappresentano, in questo senso, il vertice di un nuova religione di massa, e probabilmente incarnano un nuovo concetto di bellezza e di arte (Marinetti ne sarebbe lieto).

La Galleria Ferrari di Maranello ha una struttura espositiva relativamente modesta (in via però di sensibile potenziamento). Forse manca un indirizzamento della fruizione dei capolavori esposti (sic!) nella direzione di un percorso che oltre il mito e l'agiografia evidenzi di più una filiera artistico-artigianale antica come la nostra nazione e vanto, un po' offuscato, della medesima.



Galleria Ferrari, Maranello

 

Anno di costruzione
1990

Architetto
Massimo Iosa Ghin

Direttore
Giovanni Perfetti

Superficie espositiva
1500 mq

Visitatori per anno
180.000-200.000 di media

 

La Galleria ospita anche modelli, a volte rarissimi, provenienti dalle collezioni private di tutto il mondo.

 

Il sito ufficiale

 

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