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La morsa del gelo

di Roberto Fedi
  Dal film "Nanook of the North" (Robert Flaherty, 1922)
Data di pubblicazione su web 26/01/2004  
Ce lo aspettavamo. Eravamo sicuri che non c'era scampo, e che prima o poi doveva succedere, anche nelle migliori famiglie. E infatti è successo: e lo registriamo quasi con dolore.

Un paio di giorni fa, al Tg5 in prima serata, Lamberto Sposini l'ha detto. Mentre stavano per scorrere le solite immagini del freddo (neve che cade, macchine coperte di bianco, strade con gli spazzaneve, gente imbacuccata, bambini che fanno a pallate), con aria seria s'è lasciato un po' andare: "L'Italia è nella morsa del gelo". Forse gli è scappato, o forse è stato un momento di disattenzione. Ma l'ha detto: siamo pronti a giurarlo.

Naturalmente ci sarebbero tanti modi per dire che l'Italia è investita da un'ondata di freddo. Per esempio questo: "l'Italia è investita da un'ondata di freddo". Oppure: in molte regioni d'Italia sta nevicando. O ancora: accidenti che freddo (questo per chi preferisce un tono amichevole e disinvolto). Ma volete mettere la metafora della "morsa"? Sa di Siberia, di ghiacci eterni, di Michele Strogoff. Ti fa sentire non infreddolito e basta, ma quasi il protagonista di un film sull'Antartide. Con gli orsi polari e qualche pinguino in trasferta.

La "morsa" fa il paio con le metafore del caldo. Vi ricorderete che la scorsa estate, con quell'afa micidiale, i luoghi comuni si sprecavano - quella volta, naturalmente, all'opposto (ne parlammo a suo tempo: Afa ). Per esempio verso la fine dell'estate, quando la televisione aveva dato fondo a tutte le metafore possibili, tutti cominciarono a parlare della "bolla di caldo". Era un caldo africano (altro luogo comune), ma il fatto di essere dentro una "bolla" ci faceva sentire, se non altro, terminologicamente più autorizzati al sudore.

La faccenda è meno superficiale di quello che sembrerebbe. Perché rientra nel linguaggio dei Tg, che sono o dovrebbero essere strumenti primari di informazione. E quindi anche di diffusione linguistica, sperabilmente di un genere non proprio banale. E invece questo linguaggio dell'informazione assomiglia sempre di più a quello di plastica - e quindi uguale a se stesso, senza sfumature, impersonale - dei programmi di intrattenimento. Dove si usano per esempio solo aggettivi al grado più alto: fantastico, eccezionale, straordinario, bellissimo, meraviglioso. Niente mezzi toni, niente chiaroscuri.

Per fare qualche esempio: è possibile che il freddo sia sempre "polare" o "siberiano"? che il termometro non scenda, ma "precipiti"? Se così fosse, avremmo temperature da meno venti o trenta. E invece, al massimo abbiamo robetta tipo "Firenze, meno due". Capirai.

La lingua, e i luoghi comuni, sono spie di una gestione dell'informazione un po' casuale, un po' facile, che preferisce strizzare l'occhio all'ascoltatore piuttosto che dargli notizie meno scontate, e soprattutto nuove. Il quale ascoltatore, se sente il luogo comune, subito per riflesso condizionato ricostruisce l'ipotetica scena standard, quella che ha visto al cinema e che niente ha a che vedere con la realtà; quella falsa e non comunicativa del Grande Fratello, per intendersi. L'esempio della "morsa" è naturalmente ironico, e ben poco colpevole: ma che dire (domenica 25 gennaio, ore 12.40 circa, Tg di Italia 1) della pensionata trovata "in un lago di sangue", "massacrata" (detto ben tre volte nel rapido servizio) con "ferocia" da quello che potrebbe essere un "serial killer"? (e che naturalmente non lo sarà, visto che ha ucciso una volta sola).

Fateci caso. E accettate un consiglio: cercate di 'decrittare' la lingua di plastica, traducetela nel linguaggio comune, quello che serve per identificare le cose. Quello in cui, se siamo a meno due, si dice che è freddo, magari aggiungendoci un'esclamazione a scelta, e non che siamo in una "morsa", in Siberia, al Polo o sotto le nevi dell'Alaska. Almeno fino a quando, uscendo di casa, invece che col postino non vi troverete a tu per tu con un orso bianco.

 

Tg 5

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