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Pittura, poesia, teatro per una dinastia

di Anna Maria Testaverde
  Giacomo Bilivert, Angelica si cela a Ruggiero
Data di pubblicazione su web 30/04/2002  
Il grande successo che ebbero in Firenze, nelle arti figurative e nella letteratura encomiastica, i poemi epici dell'Ariosto e del Tasso e la poesia pastorale di Giovan Battista Guarino non è soltanto il felice motivo per mostrare al pubblico un'inconsueta e stimolante selezione di dipinti, cicli di affreschi ed opere d'arte, poco noti o inediti, eseguiti da artisti come Giovanni da San Giovanni, Cecco Bravo, Filippo Lippi, Lorenzo Lippi, Baccio del Bianco e Guido Reni, per commissione di facoltose famiglie fiorentine e da taluni colti esponenti della famiglia Medici (in particolare dal cardinale Carlo per il suo esclusivo Casino di San Marco). Si tratta piuttosto di una rara e ben riuscita occasione in cui si delineano innovativi percorsi di indagine per la storia della propaganda figurativa del principato mediceo, intimamente connessa al fervido clima storico-artistico di Firenze dell'ultimo decennio del Cinquecento.

La mostra è stata concepita dall'architetto Alessandro Coppellotti come un effimero teatro «dalle forme rigorose e un po' "bacchettone" del primo Seicento fiorentino» (come spiega l'allestitore nel catalogo), provvisoriamente allestito all'interno della neoclassica sala Bianca, opportunamente oscurata nei suoi arredi. Davanti ad un suggestivo arcoscenico, sormontato da uno stemma divisato, il visitatore-spettatore è accolto dai granduchi Ferdinando I dei Medici e Crisitina di Lorena, ritratti in due inediti e maestosi ritratti inediti, attribuiti a Tiberio Titi. Spetta ad essi segnalare l'inizio simbolico di un percorso "storico" che, legittimato dall'unione delle due casate, fu costruito dalla politica diplomatica del granducato, per propagandare il principe-guerriero, nel ruolo di "emulo di Goffredo di Buglione", difensore del Santo Sepolcro a Gerusalemme, e porre la dinastia tra i difensori "europei" della Cristianità.

L'itinerario espositivo, aggirando l'effimero palcoscenico costruito al centro della Sala, conduce il pubblico alla diretta e intensa visione degli affreschi della Sala di Bona. Gli affreschi del Poccetti, memoria celebrativa dell'intervento della flotta dei cavalieri di Santo Stefano nella battaglia contro i Turchi, sono l'ideale scenario di oggetti, reliquie e stendardi e soprattutto per la significativa commissione dei sei rilievi bronzei, commissionati appositamente da Ferdinando I al Giambologna, per ornare tuttora l'altare del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Nella sezione dedicata alla trasposizione, in termini di iconografia teatrale, della propaganda politica ed esibitoria della dinastia, sono illustrati soltanto alcuni dei tanti episodi che attinsero, come utili repertori, ai poemi epici e alla contemporanea pastorale: si segnalano, per qualità gli allestimenti, l'ariostesco spettacolo La Liberazione di Ruggero dall'isola di Alcina, allestito da Alfonso Parigi al Poggio Imperiale nel 1625, e il carosello equestre, ispirato alla tassesca storia di Armida e allestito nell'anfiteatro di Boboli, illustrato dalle celebri incisioni di Stefano della Bella nel 1637.

Pur con una limitata attenzione alle oculate commissioni e alle preferenze sceniche, una maggiore chiarezza traspare nelle pagine del catalogo destinate a illustrare questo aspetto della mostra. Attraverso successive tappe espositive, dedicate all'opera degli autori e alla loro presenza fiorentina, il visitatore è condotto infine a varcare la scena epica, in un alternarsi narrativo di schermaglie amorose e sanguinosi combattimenti. Sullo sfondo di fondali cromatici, ognuno dei quali associato all'emotività suscitata dai poemi (rosso per l'aulicità guerresca del Tasso, verde per l'onirico Ariosto e azzurro per gli idillici cieli d'Arcadia), il pubblico si trova direttamente partecipe, come attore, alle vicende ora fantasiose, ispirate al Pastor Fido di Orazio Fidani, ora suggestive, vibranti e malinconiche tratte da episodi come Erminia tra i pastori (nelle differenziate versioni di Santi di Tito, di Francesco Curradi e di Lorenzo Lippi), l'incontro tra Angelica e Medoro (del Lippi e del Fidani) o inquietanti come il Compianto di Tancredi sul corpo di Clorinda (assegnato a Giovanni Bilivert).

Spetta ora alle successive riflessioni, stimolate soprattutto dalle tematiche pittoriche privilegiate in questo focale settore espositivo, l'indagine sulle motivazioni e sulle scelte che, al di là di evidenti finalità di propaganda, suggeriscono anche i forti e personali orientamenti dei committenti e il gusto di un'epoca intrigante per i suoi accesi contrasti.


L'arme e gli amori. La poesia di Ariosto, Tasso e Guarini nell'arte fiorentina del Seicento

Firenze, Palazzo Pitti 21 giugno-20 ottobre 2001
 


Ideazione della mostra 
Elena Fumagalli, Massimiliano Rossi, Riccardo Spinelli

Catalogo
a cura di Elena Fumagalli, Massimiliano Rossi, Riccardo Spinelli






Francesco Furini, La Pittura e la Poesia (1626)
Francesco Furini, La Pittura e la Poesia (1626)







 
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