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Guerre de noantri

di Roberto Fedi
  Roma, Stadio Olimpico, domenica 21 marzo
Data di pubblicazione su web 23/03/2004  
Nel 1938 il giovane Orson Welles ebbe l'idea di trasmettere alla radio, in America, un dramma tratto da un romanzo di fantascienza, Guerra di mondi del quasi omonimo George H. Wells. Tutti sanno come andò a finire. Qualcuno cominciò a crederci. Il tam tam si diffuse. Migliaia di persone accesero la radio, e pensarono che si trattasse di una cronaca dal vero di un'invasione marziana, e non di un radiodramma. Per qualche ora ci fu il panico.

A pensarci, almeno al sottoscritto, era sempre venuto un po' da ridere sulla credulità della middle class americana degli anni Trenta, spaventata dallo spettro della guerra e appena uscita dalla Depressione. Avevamo trascurato la scienza delle comunicazioni di massa. Per la quale, detta in soldoni, una notizia acquista credibilità e drammaticità soprattutto in senso spaziale: più si diffonde, più è vera. Fosse anche l'invasione dei marziani. Se poi viene anche trasmessa dalla televisione o dalla radio, è la verità. Pura e semplice. Perché com'è noto la gente non si fida dei giornali, ma alla televisione e alla radio crede ciecamente.

È quello che è successo domenica sera al cosiddetto derby della capitale, divenuto uno psicodramma incontrollabile (ma con settantamila interpreti rinchiusi in un catino) per la notizia, subito denunciata come falsa dal questore e dal prefetto dagli altoparlanti dello stadio, della morte di un bambino negli scontri con la polizia. Follia collettiva, pericolo tangibile per tutti, e decisione (discutibile ma forse inevitabile) di sospendere la guerra, pardon 'er derby'.

La questione è di quelle che travalicano lo stupido 'mondo del calcio', come dicono gli extraterrestri che lo abitano. Non tanto per la sospensione della partita (in tutta onestà: chi se ne frega), ma per come la faccenda è avvenuta ed è stata gestita, e per il clima di Roma nel week end - durante il quale, come si ricorderà, il segretario di un partito italiano aveva avuto bisogno di due plotoni di carabinieri o quasi per poter fare cento metri in un 'pacifico' corteo di 'pacifisti', da cui era stato poi cacciato a insulti, spintoni, sputi o peggio. È curioso che nessuno abbia messo le due cosucce in relazione; ma, si sa, i giornalisti 'sportivi' credono che lo stadio sia come la fortezza Bastiani: al di là del rettangolo verde e degli spalti, i tartari.

Quindi ci siamo visti in diretta i commenti sull'Evento, o Psicodramma, o piuttosto (anche questo nessuno dei panzuti 'sportivi' l'ha detto) Prova Generale del Terrore. Ammesso che sia una cosa naturale discettare sul calcio (del resto, si discute anche sul Grande Fratello), i responsabili dovrebbero ormai stabilmente inserire fra i discettatori di professione anche un sociologo, o uno psicologo. O almeno dei giornalisti veri: così ad esempio si eviterebbe che Franco Lauro (Domenica sportiva, 21 marzo) chiudesse in nottata la prima parte dedicata alla Guerra De Noantri dicendoci che "ci sono stati solamente tre feriti leggeri" (realtà dei fatti: feriti 95 agenti di polizia, 35 carabinieri, e 23 finanzieri per un totale di 153 uomini: molti in condizioni definite serie dai medici degli ospedali romani per trauma cranico, ferite da taglio e da scoppio al volto e alle gambe, forti contusioni e distorsioni - Adnkronos del 22 marzo).

Ma a noi interessa soprattutto questo: come la Tv ha 'servito' la Guerra. Come peggio non si potrebbe, naturalmente. Abbiamo già detto del cerimonioso e modesto Lauro e del suo conto un po' approssimativo ed edulcorato. Ma ci si chiede: è possibile che, con tutto lo spiegamento di forze che la Rai disloca allo stadio per partite come queste (inviati in campo, fuori campo, negli spogliatoi, a bordo campo, magari anche nelle docce, e telecamere sparse dovunque) non si sia capito un accidente? È possibile che giornalisti (pardon) che sono capaci di dirti in diretta quante volte Capello si è grattato la pera non siano in grado di comunicarti le seguenti semplici cose: 1. cosa diavolo sta succedendo; 2. perché; 3. chi ha fatto cosa; 4. chi ha deciso cosa; 5. chi ha scatenato la Guerra e dove si combatte adesso; e così via? È possibile che, ripetendo il copione stracciato di sempre, questi qua si scalmanino a raccogliere la testimonianza 'a caldo' dei giocatori, che stanno correndo verso il pullman per andarsene finalmente a casa? e che siano solo in grado di domandare a questi straniti "quali sono state le sensazioni in quel momento" e indecenze simili?

Il calcio naufraga per molti motivi, e ne sappiamo alcuni. A questi, bisognerebbe aggiungerne un altro, non ultimo per importanza: il modo surreale e dilettantesco con cui è trattato dalla Tv. I chiacchieroni e i moviolisti di professione, buoni a sbranarsi mezz'ora per 10 centimetri di fuorigioco, non si sono ancora accorti che sono come i concertisti sul Titanic in affondamento. Ma almeno quelli, eroicamente, suonarono un valzer nel nero oceano incombente: questi qua, fra lazzi e cachinni, fra bombe e botti, fra urla e sbeceramenti, sarebbero capaci al massimo di tirar fuori un paio di rutti.

 


La domenica sportiva

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Orson Welles
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