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De gustibus non (di)sputandum est

di Roberto Fedi
  Un'immagine del film "Pioggia" ("Regen", Joris Ivens, 1929)
Data di pubblicazione su web 21/06/2004  
Nel dipartimento dove spendiamo buona parte del nostro tempo migliore sono successi alcuni fatti incresciosi, di cui con la precisione che ci distingue vi diamo sollecito riscontro.

Dunque. Nel corso di un concitato scambio di opinioni su Dante e la Scuola Siciliana, il prof. Tosti approfittando del fatto che il Direttore era distratto (stava infatti osservando le tette di una prosperosa studentessa di passaggio) ha lanciato un poderoso sputazzo nell'occhio destro del collega prof. Coulsen, un danese temporaneamente ingaggiato per un corso sui trattati del viver civile del Rinascimento. Il bello è che il suddetto danese quasi non ci ha fatto caso (sembra, da notizie di corridoio, che già in mattinata i due si fossero rifilati pedate e spintoni, discettando questa volta sulle varie redazioni del Galateo di Monsignor Della Casa, di cui il prof. Tosti è un riconosciuto competente); ma la segretaria dott.ssa U. Efa, che in quel momento stava scattando foto ricordo del sopracitato Tosti appena uscito dal parrucchiere, senza volere ha immortalato il significativo gesto, consegnando poi il tutto (trattavasi di camera digitale) all'attenzione e all'esecrazione (o, a seconda delle opinioni, al plauso) dei colleghi e degli studenti ivi soggiornanti in attesa del verdetto sulla Scuola Siciliana, di cui si parlava in apertura.

La disputa non è finita lì: anzi, come prevedibile, si è estesa alle aule della Presidenza e poi del Rettorato, registrando a seconda delle locazioni (e delle rispettive abitudini) all'incirca queste posizioni ufficiali.

C'è chi ha sostenuto che lo sputazzo, in fondo, il danese se l'era meritato; e che anzi era una esternazione addirittura commendevole, che una volta tanto usciva dalle secche delle diatribe accademiche e riportava vivaddìo il gioco intellettuale in una dimensione finalmente terrena, anzi umana, anzi quasi primordiale. Che è infatti (stiamo riferendo il ragionamento di questa pars in causa) lo sputazzo se non una forma di reificazione in corpore vili della metafora - per altro propria di quasi tutte le culture, con l'eccezione di quelle del continente sub sahariano per evidenti motivi di siccità e secchezza ghiandolare - che più o meno recita "ti sputerei in un occhio"? E addirittura un'estensione, antifrastica stavolta, del detto "non si sputa nel piatto dove si mangia"? Va da sé che la metafora è di solito, appunto, una metafora, ergo una trasposizione di significati: epperò, concludevano i fautori del Tosti, proprio per questo non si poteva non esaltare il fortunato ritorno alle res dopo tanti verba. Da qui, in sostanza (e che sostanza!), la riappropriazione del corpo dopo troppe e volubilissime circonvoluzioni retoriche.

Di contro, gli oppositori avrebbero dato la mano destra pur di far accettare l'ipotesi che, in fondo, se questo riappropriarsi della funzione corporea (o corporale, absit iniuria) prendesse piede, bisognerebbe circolare con l'ombrello: e che comunque forse il gioco non valeva la candela (quella di cera, si vuol dire, non quella sparata con altri umori dal Tosti), e che se il suddetto sputafuoco fosse così preciso nei suoi saggi come si era dimostrato nei suoi succhi avremmo in casa un Accademico Linceo. E perciò il gesto era piuttosto un gestaccio, da segnalare al ludibrio universale; soprattutto trattandosi di Autore noto e classificato, e generalmente conosciuto per leggerezza di eloquio, gentilezza di modi, finezza intellettuale.

Come è andata a finire? In un pareggio, per adesso. È infatti intervenuto il direttore, che nella sua superiore saggezza ha detto che, in fondo, se queste cose si vedono in televisione, se fior di giornalisti ed esperti stanno lì per ore su Rai Uno e Due e Tre a discettare sull'entità dello sputazzo e la sua direzione, se addirittura una scola elementare de Roma (Studio Aperto del 18 giugno) ha adottato il libro del Primo Sputatore d'Italia: beh, volete che qualche ammiratore, per altro modestamente ricompensato, non cerchi di seguire quel Magistero? Così si è lasciato correre: ma il prof. Coulsen, domani, ricambierà con un equivalente e più nordico getto nell'occhio sinistro del Tosti: cosa per la quale si sta già volenterosamente esercitando ahimè da solo, vista l'improvvisa assenza di collaboratori. In Aula Magna, si capisce, e con una camera dedicata.

 

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L'arroseur arrosé
Un'immagine tratta dal film
L'innaffiatore inaffiato (L'arroseur arrosé, Luis Lumière, 1985)

 
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