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Italia split

di Roberto Fedi
  Man Ray
Data di pubblicazione su web 29/06/2004  
L'Italia è divisa in due! titolano i giornali e le news on line. Questa volta è il rituale blocco della ferrovia dalle parti (varia di solito solo il luogo del blocco) di Salerno - in altri casi è un blocco a Malpensa, o a Chiusi, o vattelappesca. Non è una bella esperienza, per chi si trovi in treno, o in attesa dell'aereo, o comunque in viaggio.

Ma a noi non interessa, qui, il problema dei blocchi. Ci incuriosisce il modo in cui la Tv dà di solito queste notizie - che, mettetela come vi pare, sono da paese sgangherato. Diamo un'occhiata.

Per esempio il Tg di Italia Uno, sabato 25 giugno, alle ore 18.30 circa; oppure il TgUno dello stesso giorno, alle 20. Parte il servizio. L'inviato fa vedere autobus stracarichi, da anni Cinquanta a parte il colore, con gente sudata che si trasferisce dal treno irrimediabilmente fermo a questo avveniristico mezzo di trasporto. Spiega con una certa concitazione quel che succede. Poi passa alle interviste alla 'gggente'.

Che naturalmente è disperata. Un tale, borsa in spalla, singhiozza senza ritegno non si capisce per quale disperazione, si presume grave. Un altro, anziano, racconta smarrito di un'operazione che deve subire, e del fatto che non può raggiungere l'ospedale - se abbiamo capito bene. Un'altra informa l'Italia che ha quasi avuto un infarto in treno. Tutto dà l'impressione di un paese del perenne dopo-terremoto, sbandato, costretto dagli eventi ad arrangiarsi, a urlare, a spargere lacrime di fronte alla telecamera che le beve - e, si aggiunga, anche con qualche soddisfazione masochistica tutta italiota.

Un paese abbandonato dall'autorità, qualsiasi essa sia, in cui masse di appiedati vagano sperando solo che il sole non bruci troppo, o che non piova; sudata, impolverata, assetata, disposta a stracciarsi le vesti e a piangere caldissime lacrime appena vede in lontananza un cameraman, meglio se di un Tiggì nazionale. Dall'altra parte, bivacchi di stravaccati che mangiano 'a pizza e occupano 'a stazione. E gli inviati dei vari Tiggì ci vanno a nozze: rigirano il coltello nella piaga, fanno domande drammatiche, piazzano un primissimo piano sul piangente, perché non sfugga neanche un singulto.

Ne esce un'immagine patetica. Appunto, da Italia anni Cinquanta, antimoderna, costretta alla sopravvivenza. Per chi si ostina a ritenere che, invece, c'è un'Italia meno piagnucolosa e singhiozzante o stravaccata; che la Tv dovrebbe informare, quindi analizzare i fatti e non tirare cazzotti nella pancia agli spettatori, e che la notizia non sono le lacrime ma il fatto in sé, gravissimo in qualsiasi paese moderno: beh, ragazzi, è sempre più dura.

Domanda: e se quei 16.000 bloccati per un paio di giorni sotto il ridente sole del Sud fossero stati altrettanti compassati e riservati signori, di quelli che non piangono e non strillano, la televisione che avrebbe fatto? La risposta è obbligata: li avrebbe ignorati.

E quindi, amici: se volete essere ascoltati per qualsiasi ragione almeno da un Tiggì, avete un solo modo, anche a costo di sforzarvi. Piangete, piangete, piangete.



Tg

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Viaggio in Italia
La locandina francese
 del film Viaggio in Italia (Rossellini, 1953)

 
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