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«QUANDO B S'ABBASSA A SI ALZA E PLUTON ESCE IN H»: L' "ORFEO" DI LEONARDO

di Teresa Megale
  Leonardo e dintorni. Il Maestro, le botteghe e il territorio
Data di pubblicazione su web 01/01/2003  
La fama di Leonardo architetto teatrale e apparatore di spettacoli è nota da tempo, sebbene sia valutata solo parzialmente quale incidenza storiografica abbia esercitato nella formulazione del modello del teatro europeo. Definito dal suo primo biografo, Paolo Giovio, "cum elegantiae omnis delitiarumque maxime theatralium mirificus inventor ac arbiter", su di lui indugia ogni capitolo di storia del teatro quattrocentesco a proposito della Festa del Paradiso, allestita il 13 gennaio del 1490 alla corte sforzesca di Milano, in occasione delle nozze fra Galeazzo Maria Sforza e Isabella d'Aragona.

Il libretto di Bernardo Bellincioni e la descrizione di Iacopo Trotti, ambasciatore estense a Milano, descrivono la macchina teatrale vinciana, realizzata nella sala grande del palazzo, immersa nel buio, nascosta da "el panno de razo" (un sipario vero e proprio, a caduta), annunciata da un preludio musicale e coreografico, infine disvelata da improvvisi giochi di luci e di suoni. Ma la Festa del Paradiso "con tutti li sette pianeti che giravano", così narrata dai testimoni coevi, non è l'unico contributo leonardesco alla reinvenzione della spettacolarità quattrocentesca.

Allo stato attuale delle ricerche, rese difficilissime dalla perdita e dalla dispersione della maggior parte dei manoscritti originali, al genio di Vinci si devono almeno l'importante progetto per il teatro aperto di forma semicircolare rappresentante una "X", descritto nel foglio 110r del Codice di Madrid I; l'apparato milanese nel gennaio del 1496 per la Danae di Baldassarre Taccone, eretto nel palazzo del conte di Caiazzo, Gianfrancesco Sanseverino; lo stendardo, eseguito insieme ad Andrea del Verrocchio, con Venere e Cupido per la giostra di Giuliano de' Medici nel 1475; l'ideazione per la corte sforzesca della giostra del 1491, per la quale fece mascherare i partecipanti da "omini salvatici"; il "lione [..] tutto pien di gigli", di cui parla Vasari, per il rinsaldato legame tra Firenze e la Francia nel 1515, automa riproposto, con qualche variante, qualche anno dopo proprio presso la corte di Francesco I e ripreso, con maggior fortuna, nei successivi allestimenti ufficiali della corte medicea; l'automa dell'"ocel de la commedia" (Codice Atlantico, f.629v); il disegno del riflettore per fare "un lume grande e bello" (Codice Atlantico, f. 9v-b); numerosi disegni di costumi per feste di corte, ricchi di dettagli e particolari; altrettanti disegni di inediti strumenti musicali (il tamburo meccanico; la lira a forma di teschio di caprone etc); rebus, criptogrammi per il divertimento minuto della corte, insieme a facezie, a favole, a motti.

Il ristretto quanto straordinario corpus di documenti vinciani dedicati al teatro e, più in generale, allo spettacolo - qui sommariamente elencati - si arricchisce adesso di un nuovo, importantissimo disegno, esposto, fino al 30 settembre, nelle sale del Palazzo Comunale di Arezzo nell'ambito della mostra Leonardo e dintorni. Il Maestro, le botteghe e il territorio. Si tratta del "foglio del teatro" appartenuto in origine al Codice Atlantico (foglio n. 50), raffigurante una macchina scenica progettata per l'allestimento dell'Orfeo di Poliziano durante il soggiorno milanese di Leonardo presso il governatore francese Charles d'Amboise, databile verso il 1506-1507. Foglio sciolto, dalla vicenda fortunosa, rintracciato ma non pubblicato da Carlo Pedretti nel lontano 1955 in una collezione privata svizzera, fu posto subito in relazione dallo studioso con due pagine del Codice Arundel della British Library di Londra contenenti appunti di carattere teatrale. Trascorsi cinquant'anni, il "foglio" (cm. 36, 6 x 26,6) in nuove mani private, vinte le resistenze dei proprietari (sempre svizzeri), è stato finalmente reso pubblico. Per la mostra aretina, organizzata dal Comune in collaborazione con l'Associazione Commercianti, la Camera di Commercio, gli Istituti Italiani di Cultura di Chicago e di San Francisco, abili artigiani di Poggibonsi hanno ricostruito la macchina scenica, un ingegnoso sistema di saliscendi operante sul principio dei contrappesi, già sperimentato da Leonardo nei progetti per le escavatrici, ideate per la progettata canalizzazione dell'Arno nel 1503.

"Quando B s'abbassa A si alza e Pluton esce in H" è il principio meccanico del contrappeso che, richiamato dalla didascalia autografa leonardesca, viene ribadito da un'altra scritta: "El contrappeso che cade comincia in niente e finisce in grande potenza". La macchina teatrale doveva trovarsi sulla scena ruotante ed essere parte integrante del meccanismo scenico della montagna che si apre, leggibile nel "foglio del teatro" e messa a punto con i particolari tecnologici nei fogli londinesi. Il magnifico "foglio" mostra in modo plastico l'artificio che doveva rendere possibile l'apparizione di Plutone sul palcoscenico. Secondo le indicazioni di regia dettate da Leonardo nel Codice Arundel (ff. 231v e 224 r), strepiti di "olle", canto delle furie, pianto di bambini dovevano accompagnare l'arrivo del dio degli inferi nell'atto finale della Fabula di Poliziano L'effetto speciale è assicurato: una scena unica e sorprendente, in grado di cambiare all'improvviso, senza interruzioni di sorta, con un fracasso impressionante, precorritrice delle conquiste della scenotecnica futura.

Leonardo e dintorni. Il Maestro, le botteghe e il territorio

 

 

Arezzo, Palazzo dei Priori,
 fino al 30 settembre 2002



Direzione scientifica
Carlo Starnazzi

Catalogo a cura di
Carlo Starnazzi con i contributi di Carlo Pedretti e Rocco Sinisgalli





Studi per l’allestimento dell’Orfeo del Poliziano già Codice Atlantico,  1506-1508 ca
Studi per l’allestimento dell’Orfeo del Poliziano già Codice Atlantico, 1506-1508 ca
 

 

 

 
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