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La 'novità' della 'tradizione'

di Lorenzo Mattei
  La Traviata
Data di pubblicazione su web 07/11/2004  
Mentre a Venezia un allestimento di Traviata inaugura la definitiva riapertura della Fenice, al teatro Piccinni di Bari la stessa opera (produzione della Fondazione Arturo Toscanini) auspica la riapertura del Petruzzelli e va ad aggiungersi come prestigioso appuntamento in un ricco cartellone (l'effetto 'Fondazione Petruzzelli' sta facendosi sentire sulla vita teatrale del capoluogo pugliese mai come ora vitale).

Avvezzi alle più disparate invenzioni registiche che nel tentativo di dare nuova linfa al melodramma (genere a detta di molti sempre sull’orlo dell’estrema unzione) ne alterano spesso gli equilibri tra le componenti spettacolari, confessiamo che assistendo alla messinscena di Traviata nella regia 'classica' di Zeffirelli (qui ripresa da Marco Gandini) si riscoprono certe bellezze della tradizione melodrammatica quali l'illusionismo naïf del fondale dipinto (il bosco del II atto), il rito dell'ovazione alla fine del I atto – per Violetta e Alfredo – e dopo il primo quadro del II – per Germont –, la seduzione visiva dei costumi storici (di Alberto Spiazzi, eleganti e curati nei minimi dettagli) e dei drappeggi che inquadrano e riducono lo spazio dell'illusione scenica.





La Traviata



Spazio dominato da un cilindro centrale di plexiglas – vetrina per mettersi in mostra, bicchiere per futili brindisi, cristallo simbolico di latente fragilità psicologica – che permette moti ora centripeti (il coro fa cerchio intorno a Violetta durante gli improvvisi mancamenti), ora centrifughi (l'allontanamento di Alfredo a seguito dell’offesa pubblica fatta a Violetta) e comunque un dinamismo sempre funzionale all'azione inscenata (l'edonismo visivo zeffirelliano non scavalca mai le ragioni del dramma). Irrefrenabile l’applauso volto ad omaggiare l'opulenza del secondo quadro dell'atto II dopo il cambio di scena: la festa carnevalesca era infatti animata dalla sensuale coreografia di El Camborio che trascurava le zingarelle a favore di procaci danzatrici di flamenco e baldi toreadores (a dir poco trabordanti Lucia Real e Juan Carlos Baratas).

Dal punto di vista musicale lo spettacolo ha palesato un'estrema asciuttezza e correttezza di fondo che nulla concedeva a divismi qui, più che altrove, possibili. Forse operazioni musicologiche come quella della pubblicazione dell'edizione critica di Traviata e dei suoi schizzi e abbozzi autografi – a cura di Fabrizio Della Seta, idealmente presente con un suo saggio nel bel programma di sala – hanno contribuito ad affinare il gusto esecutivo, o forse a far piazza pulita di protagonismi e vezzi canori è stata la serietà di approccio degli interpreti, tutti più che bravi: Svetla Vassileva (Violetta) perché ha retto la parte di "una donna di prima forza" (pur con una pronuncia non sempre impeccabile) mantenendo una leggerezza di emissione quasi cameristica – e Traviata, come Aida, è una tragedia intima, 'da camera'– Massimo Giordano (Alfredo) per la sua raffinatezza vocale dapprima un poco timida (specie nel registro grave) poi più sicura e spigliata, ma sempre morbida e contenuta; infine il davvero notevole Carmelo Caruso, un Germont cupo e algido dal cui modo di cantare traspariva il nucleo emotivo del personaggio: la sclerotizzazione del sentimento ad opera delle convenzioni sociali.



La Traviata



Vigorosa la direzione di Julian Kovatchev che nella generosità del suo gesto ha saputo infondere continua energia alla ben preparata orchestra della Fondazione Toscanini (ottima nei fiati), energia che a tratti tracimava investendo le voci (ma non nel grandioso concertato che chiude il II atto). Un'ultima considerazione: al tempo di Verdi lo shock di Traviata era conseguenza della cornice immersa nella contemporaneità (prossimità ambientale tra finzione e realtà), oggi lo è della consonanza tra i nostri ritmi di vita e il nervosismo del canto della protagonista (prossimità psicologica), inquieto, teso e tagliente. Per quanto 'tradizionale' possa essere la veste con cui si presenta questo monumento della storia del melodramma, la sua intrinseca 'modernità' (modernità drammaturgica in primis) non può che riemergere con puntualità.

La Traviata
melodramma in tre atti


cast cast & credits
 
trama trama
                                



 

 

 

 

 

 


 

 
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