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L'apparenza inganna

di Sara Mamone
  L'apparenza inganna
Data di pubblicazione su web 01/12/2001  
Non abbiamo mai amato le esibizioni di fiorentinità né i labari di patrimoni regionali ma è qui doveroso riconoscere come la lunga militanza della compagnia fiorentina de I magazzini (a suo tempo punta di diamante di un'avanguardia poi giudiziosamente superata, sono tra i pochi per cui non valga la legge di Barrault "Tutto nel mondo cambia tranne l'avanguardia") sia ora giunta a una piena maturità.

Lo spettacolo, allestito nelle retrovie della Pergola, è un piccolo gioiello di equilibrio tra blando stimolo dello spettatore e solidissimo mestiere. Un piccolo stimolo alla sua curiosità è procurato dall'addentrarsi nel labirinto delle sale dell'edificio, prima di giungere ai luoghi della rappresentazione, due piccole salette appena attrezzate di rosse poltroncine, ma di dimensioni così contenute da dare al pubblico il senso prezioso di una esperienza (non di una rappresentazione) condivisa.

La solidissima professionalità è quella che vede agire una regia così ferma e semplice da scomparire nelle pieghe di un'apparente "verità" (è questa secondo noi una delle prove più compiute di Federico Tiezzi che ben ha fatto a rinunciare ad interventi troppo registici, muovendo o lasciando muovere i suoi interpreti secondo le apparenze di una totale autonomia). Insieme ad essa, più vistosa ma mai sopra le righe, anzi magistralmente capace di nascondere il peso dell'artifizio in una naturalezza che non è altro che il risultato ultimo di questo stesso artificio, un Sandro Lombardi in stato di grazia (da un po' di tempo azzecca tutto quello che fa e quello che rifà) in un ritratto davvero memorabile di vecchio artista in bilico tra l'arroganza del successo professionale e le crepe sottili di un'inquietudine esistenziale in cui la morte della moglie scava voragini inconfessate. Accanto a lui, appena un gradino più sotto, la bella prova "fraterna" di Massimo Verdastro, il viso asimmetrico e un gestire felpato che ricorda a tratti Romolo Valli.

Abbiamo lasciato per ultimo il testo, perfetto e ambiguo, di Thomas Bernhard da cui colano succhi di disperazione e di ironia (e di insopprimibile tenerezza), che mescolano con armonia i tratti apparentemente incompatibili di Beckett e di Ionesco. Uno spettacolo così potrebbe stare rintanato nelle segrete della Pergola per l'intera stagione.


L'apparenza inganna
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