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Da Masaniello a Pietro il Grande

di Giovanni Fornaro
  Festival Valle D'Itria
Data di pubblicazione su web 29/07/2004  
Il Festival della Valle d'Itria 2004 ha visto la rappresentazione di due opere liriche poco frequentate dai repertori più recenti, com'è d'uso a Martina Franca e per il direttore artistico Sergio Segalini, da questa stagione designato allo stesso incarico anche presso la Fenice di Venezia.

Non rappresentato da oltre un secolo in Italia (esistono però registrazioni effettuate nel paese d'origine, il Brasile) il Salvator Rosa di Antônio Carlos Gomes, su libretto di Antonio Ghislanzoni, spettacolo di apertura del Festival, è un "dramma lirico in quattro atti" che si basa sull'ipotetica partecipazione del noto intellettuale e tenore Mauro Pagano ai moti di rivolta di Masaniello del 1647 contro gli Spagnoli a Napoli. In realtà il plot narrativo, piuttosto debole, si incentra sullo stesso capopolo e sui rapporti di questi con il potere locale, incarnato dal Duca D'Arcos, che passa dall'offerta di una collaborazione all'arresto di Masaniello e alla repressione dei moti popolari.




Salvator Rosa - finale



Se l'opera di Gomes, rappresentata per la prima volta nel 1874, scandisce una musicalità dai chiarissimi riferimenti verdiani (molto ben evidenziata dalla notevole Orchestra Internazionale d'Italia diretta esemplarmente dal Maestro concertatore Maurizio Benini e dal sempre impeccabile Coro da Camera di Bratislava, diretto da Pavol Procházka) ciò che ha suscitato qualche dubbio non sono stati i presunti riferimenti alla musica di tradizione orale del Brasile, in realtà inesistenti, ma l'allestimento scenico, da ascrivere quasi totalmente a Gilles Gubelmann. Lo scenografo e regista svizzero, per la prima volta a Martina Franca, ha curato regia, scene e costumi, delineando azioni quasi immote, personaggi statici ed "ingessati" in una scena spoglia ed essenziale costituita da pannelli sui quali sono di volta in volta riprodotte opere pittoriche dello stesso Rosa; pannelli che, essendo collocati al centro del palcoscenico, ne riducono le proporzioni costringendo i cantanti, nei cambi di scena, a sgraziate corse per raggiungere una collocazione spaziale utile.

Il cast vocale non ha elevato particolarmente il livello della rappresentazione, tranne il bravo soprano ucraino Sofiya Solovey nel ruolo maschile di Gennariello, unica ad animare la scena con la propria verve interpretativa, e il notevole basso Francesco Ellero D'Artegna (Duca d'Arcos), che infatti hanno ottenuto vere e proprie ovazioni durante gli applausi finali. Non in tema le coreografie di Laurence Fanon perché, nel tentativo di riprodurre balli e danze da tarantella napoletana, riescono solo a mettere in scena un anacronistico can can con tanto di giarrettiere alle gambe delle ballerine.


Pietro il Grande
Pietro il Grande


Anche Pietro il Grande, Kzar delle Russie o sia il falegname di Livonia (musica di Gaetano Donizetti e libretto di Gherardo Bevilacqua Aldobrandini), seconda opera lirica del Festival, costituisce una riscoperta critica, operata da Maria Chiara Bertieri sulle varie versioni a stampa e, soprattutto, sull'autografo donizettiano, per questa prima rappresentazione assoluta in Italia in tempi moderni. Nonostante il tema investa ancora i rapporti di potere fra popolo, notabili e nobiltà, il contesto (la rurale regione lettone della Livonia) è completamente diverso: non c'è contestazione, il potere dello zar è totale ed incontrastato, piuttosto è egli stesso a giocarci, presentandosi sotto mentite spoglie presso un villaggio ove potrebbe trovarsi il perduto fratello della moglie Caterina (proprio la zarina che, dopo la morte del consorte, chiamò Giovanni Paisiello come maestro di cappella a San Pietroburgo).

Pietro il Grande è un "melodramma burlesco in due atti", quasi privo di accenti patetici e riempito di lazzi e scherzi, assecondato in questa sua levità da una regia attenta, in cui la caratterizzazione dei personaggi è curata ed originale, pur se rispettosa dello spirito dell'opera. Si ride, insomma, ma si apprezza anche un ensemble di cantanti di notevole spessore, a cominciare dal soprano Rosa Anna Peraino, notevolissima Madama Fritz, che più volte ha riscaldato la platea e si è meritata applausi ed acclamazioni a scena aperta, ad esempio nella difficoltosa aria apografa In questo estremo amplesso. Tra gli altri, si sono distinti anche il bravo basso Vito Priante (Pietro), dalla azzeccata presenza scenica, il mezzosoprano Eufemia Tufano (Caterina) ed il soprano Rosa Sorice (Annetta Mazepa), nonché il baritono Giulio Mastrototaro nel centrale (ed insidioso) ruolo del magistrato Ser Cuccupis, splendidamente rivestito.

Donizetti, con il suo secondo melodramma rappresentato per la prima volta a Venezia nel 1819 (il musicista aveva ventidue anni), pur presentando accenti fortemente rossiniani riesce a realizzare un'opera compiuta e musicalmente interessante, godibile e fresca, la cui orchestrazione, forse non curata in tutti i dettagli, è stata diretta egregiamente da Marco Berdondini alla guida della puntuale Orchestra Internazionale d'Italia. Coro e maestro del coro, qui solo nell'organico maschile, sono gli stessi del Salvator Rosa, collaudatissimi ma forse impacciati nei movimenti sul palco, un po' rigidi e stereotipati.

È interessante constatare come il Festival di quest'anno stia presentando scenografie assolutamente minimali, scarne, al limite dello spartano: tele che fungono da quinte e da sipario per Gomez, un enorme scatolone in legno per Donizetti che svolge le stesse funzioni ma con maggiore verve creativa. Il parallelepipedo, infatti, è credibilmente locanda e paravento, salone delle feste e vascello reale che riporta Pietro e consorte attraverso il Baltico a San Pietroburgo. In questa prospettiva, molto apprezzabile è parso il lavoro dello scenografo Bepi Morassi, responsabile anche della regia, di cui si è già detto, e dei sobri e delicati costumi.

Salvator Rosa / Festival della Valle D'Itria
Dramma lirico in quattro atti


cast cast & credits
 
trama trama
 
 
 
 
 
 
Salvator Rosa - scena del banchetto
Salvator Rosa - scena del banchetto












Pietro il grande
Pietro il grande








 
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