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Cenere sulla neve

di Caterina Pardi
  Tout un hiver sans feu
Data di pubblicazione su web 10/09/2004  
Ambientato nel gelido e ovattato paesaggio del Giura svizzero, Tout un hiver sans feu è il primo lungometraggio del regista svizzero d'origine polacca Greg Zglinski. Allievo di Kieslowski - esordisce con un'opera toccante, che sembra scaturire da un'intima necessità interiore. Durante l'incendio che ha distrutto la loro stalla, Jean (Aurélien Recoing, già interprete di A tempo pieno di Cantet) e sua moglie Laure (Marie Matheron) hanno perso Marie, la figlia di appena cinque anni. L'evento provoca una violenta scossa all'equilibrio psichico di Laure, fino a rendere indispensabile il ricovero in clinica e un periodo di separazione dal marito, ospite dalla sorella Valerie (Nathalie Boulin). Valerie, morbosamente legata a Laure, la avvolge in una cappa protettiva, contribuendo a creare nuove fratture all'interno della coppia. Jean, pur tormentato da dolore, rabbia ed ingiustificati sensi di colpa, riesce a trovare le energie per salvarsi dalla rovina economica e costruire le premesse di una nuova vita. Abbandona la sua terra trovando impiego presso una fonderia e riesce stringere nuove amicizie all'interno di una comunità kossovara.

Diviso tra l'impulso a respingere il passato e il sentimento ancora forte per la moglie, Jean trova nell'amicizia con Labinota (Gabriela Muskala) - una profuga che da anni attende il marito, scomparso in seguito ad un'offensiva serba - la possibilità di aprirsi, di affrontare fino in fondo la sofferenza. Il legame, che inizialmente appare come una possibilità di fuga, si rivela invece capace di innescare un processo catartico che allevierà il dolore di entrambi e, indirettamente, indurrà Laurie ad uscire dal suo isolamento.

La figura di Labinota, simmetricamente opposta a quella di Valerie, sembra ricoprire una funzione salvifica: accanto a lei Jean riesce a sopportare la visione delle fiamme, per la prima volta dopo la morte della figlia. Quando il fuoco arderà fino alla cenere per l'uomo potrà profilarsi una rinascita spirituale. La recitazione, intensa ma mai sopra le righe, fatta di lunghi silenzi e dialoghi essenziali, descrive efficacemente il faticoso cammino attraverso cui i personaggi cercano di accettare il loro dramma e di tradurlo in parole. L'elaborazione del trauma segue sentieri diversi in ognuno, rendendo la separazione della coppia in qualche modo necessaria e la ricongiunzione solo eventuale.

Il film ricorda per certi aspetti La stanza del figlio, in cui Nanni Moretti disegna il lutto come esperienza individuale, che non unisce ma, al contrario, può spezzare improvvisamente anche i legami più forti. Zglinski, come Moretti, lascia sospeso il finale. Qualunque scelta compiano, ciascuno dei protagonisti ha gettato sulla neve un nuovo germe. "Il bianco" - dice W. Kandinsky "è un silenzio che non è morto, un silenzio ricco di potenzialità".

Tout un hiver sans feu
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