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Antiamericani?

di Siro Ferrone
  la bandiera americana
Data di pubblicazione su web 11/09/2002  
Gentile dott. Piero Ostellino,


mi pare che "il risentimento paranoico" rispetto al quale lei mette in guardia (articolo del 6 settembre, Gli inossidabili antiamericani, nella prima pagina del "Corriere della Sera", a proposito del film sull'11 settembre) sia un'affezione che la riguarda. Temo che il soggiorno in Urss l'abbia seriamente segnata, e sinceramente la capisco. Non capisco tuttavia come lei possa ossessivamente enfatizzare un "antiamericanismo" che ha ragione di esistere solo in una visione totalitaria dell'America e del mondo. Lei scrive che

"l'antiamericanismo (...) si nutre di casi specifici riprovevoli e legittimamente criticabili (...) unicamente per manifestare un'avversione più generale a tutto ciò che caratterizza una società liberaldemocratica".

Una simile generalizzazione appartiene ormai solamente a chi la propone (in questo caso a lei). A riprova di quanto dico, lei arriva a esemplificare e elenca su due colonne il bene e il male (da una parte le tesi degli "americanisti", dall'altra quella degli "antiamericani"): individualismo contro collettivismo, capitalismo contro statalismo, sviluppo economico contro pauperismo, tecnologia contro filosofia, benessere diffuso contro austerità, pragmatismo contro ideologia, modernità contro passatismo. Mi pare che lei faccia torto alle sue capacità di analisi, altre volte saggiamente messe in opera. Lei sa che certe contrapposizioni non aiutano, neanche dalla modesta pagina di un giornale, a capire le cose.

Si può criticare l'elezione (quantomerno dubbia) di Bush senza dover essere classificati tra i sostenitori della dittatura coreana, oppure discutere la politica militare americana senza essere antiamericani, ecc.

Si può avversare un capitalismo monopolistico e non essere statalisti, avere fiducia nel pensiero filosofico senza essere hegeliani o marxisti, chiedere un più equilibrato rispetto della natura senza per questo essere pauperisti o luddisti.

Si può essere fiduciosi nella tecnologia senza per questo parlare - come lei fa - di "primato" della stessa: ma da quando in qua si può applicare il ranking alle scienze e alla cultura? E si può anche ritenere - come io ritengo - che il benessere diffuso (condizioni di vita, alimentazione, sicurezza, salute media) siano da cercare piuttosto in Europa (Italia compresa) che in quel paese, senza che lei debba classificarmi tra gli aggressori morali degli Usa.

Del resto ci sono molti americani d'America che la pensano nello stesso modo (e non tutti necessariamente clintoniani o pseudocomunisti). E anche il sig. Loach che lei deplora, non solo non si può definire un sostenitore del collettivismo contro la libertà individuale, ma per alcune delle categorie da lei stabilite starebbe nella colonna di quello che lei ritiene il "bene" (se non altro per il suo britannico pragmatismo).

Lei peraltro non cita altri trinariciuti "antiamericani" perché se lo facesse la sua lista manichea del bene e del male risulterebbe del tutto vana. Molti americani, pronti malgrado tutto a morire per il loro paese, uomini liberi (e non militanti al fianco di Casarini), lei stesso non saprebbe dove metterli nel suo schemino propagandistico. Utile solo a spingere chi legge e chi dovrebbe pensare a semplificare in modo rozzo il proprio punto di vista. E la sua critica è in fondo autobiografica. Lei è un nostalgico delle ideologie, partire da un dettaglio e con quello spiegare il tutto. E questo fa torto alla sua intelligenza.

Cordiali saluti Siro Ferrone




 
 
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