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The Million Dollar Baby, ovvero la preoccupante deriva dell’immaginario americano

Come molti ho da poco visto il pluripremiato The Million Dollar Baby, del vecchio Clint Eastwood, il texano dagli occhi di ghiaccio celebre per avere nel repertorio somatico due espressioni (col cappello o senza), da non molto entrato nell’Olimpo di Hollywood. Come spettatore, dirò subito che il film non mi è piaciuto affatto, ma non è questo il punto. Ciò che trovo sconcertante è l’unanimità di giudizio sul film; da destra a sinistra non una voce fuori dal coro, ma un solo, unanime, grido: "capolavoro". Scusate le virgolette, ma vista la leggerezza e l’enfasi con cui ormai si ricorre a tale inappellabile definizione, preferirei tenere la parola in quarantena. Il fatto che nessuno abbia avuto riserve, mi disorienta non poco, perché un tale allineamento può significare due cose:

1) si tratta veramente di un "capolavoro"

2) la sassaiola di Oscar ricevuti ha messo un po’ di "sudditanza psicologica" ai critici, se mi passate un espressione da giornalista sportivo.

Ciò che non riesco a capire è come si possa definire The Million Dollar Baby - come è stato fatto in più occasioni e da più parti - un film laico. Non c’è nulla di laico in questo film. Nella mortificazione del corpo che il regista mette in scena per tutta la seconda parte del film ho avvertito lo stesso furore, lo stesso accanimento de La passione di Gibson. Solo che Clint è cineasta ben più raffinato di Mel, e riesce ad irretirci con quello sguardo dolente tanto caro al suo cinema. Ma non basta mettere un uomo anziano, scettico e indurito dalla vita, a prendere per i fondelli un prete per fare un film laico, e non basta nemmeno fare un’iniezione letale ad un tetraplegico per compiere un atto autenticamente laico. L’arbitrio con cui il film muta faccia trasformandosi con disinvoltura da Rocky nella versione yankee di Mare dentro, ignorando del tutto le conseguenze morali di questo scarto drammaturgico, rivela la volontà del regista di imporci (e non di proporci) il suo punto di vista sulle cose.

Un punto di vista amorale, e non immorale, giacché ignora del tutto la dimensione morale del dilemma, liquidando con fatalismo un tema tanto delicato. Badate bene che le mie non sono riserve etiche ma poetiche, non da cattolico ma da ateo quale sono. Questo film come Mystic river (film altrettanto cupo ma ben più misurato), denuncia una preoccupante deriva dell’immaginario americano, sempre più mistico e sempre meno spirituale. Quanto alla "leggerezza del tocco" di Eastwood regista, mi chiedo se per sostenere il diritto alla morte sia davvero necessario preferire l’esibizione all’ellissi, arrivando al parossismo della Swanson ridotta una maschera di sangue per essersi strappata la lingua a morsi. C’è qualcosa di sinistro in questo Million Dollar Baby, qualcosa di necrofilo e per certi aspetti ricattatorio: se davvero il cinema è lo specchio della società non c’è tanto da stare allegri. Esiste anche un fanatismo "laico", e il fatto che sia piaciuto così tanto all’America di Bush, ci dovrebbe far riflettere.

Ringrazio in anticipo chiunque vorrà rispondermi

Filippo Bologna

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Il critico risponde


Caro Filippo,

colgo l’occasione che mi offrono le tue riflessioni su The Million Dollar Baby per rispondere ai dubbi che sollevi con il tuo solito acume.

Ho avuto la fortuna di vedere il film nel giorno della sua uscita nelle sale italiane, scrivendo la recensione il pomeriggio seguente, quindi alcuni giorni prima che il film fosse premiato con una valanga di oscar. Ho scritto subito che è un capolavoro in maniera sincera, come cerco di fare ogni volta, perché sono sempre stato convinto che un film è valido perché é valido e non perché vince dei premi. Lungi da me quindi qualsiasi tipo di sudditanza psicologica, come credo mi riconoscerai, data anche la vecchia amicizia che ci lega da anni.

Se molti altri hanno usato questa parola desueta e pericolosa a proposito del film di Clint Eastwood forse è il segno che The Million Dollar Baby un capolavoro lo è davvero e nel senso più "classico" del termine. Con la semplicità ed il rigore che credo anche tu riconoscerai al "vecchio Clint", l’autore americano é riuscito a strutturare un film perfetto sia da un punto di vista drammaturgico (soprattutto nella composizione e caratterizzazione dei personaggi) che su quello della costruzione visiva, con alcune scelte tecniche e linguistiche memorabili, tese a creare quell’atmosfera rarefatta e sublime che serpeggia per tutto il film.

Per quanto riguarda l’etica che sottende al film non credo affatto che sia puramente "laica". Questa posizione sarebbe parziale ed ingiusta nei confronti di un film che cerca il suo vero senso religioso non negli (volutamente) artificiosi bisticci verbali tra il vecchio allenatore ed il giovane prete. La religiosità che il film ci consegna é piuttosto del mondo, del senso sacro delle cose e in fondo della vita stessa. Il nichilismo che rimproveri alla vicenda raccontata è in realtà la stessa dimensione esistenziale dei tre personaggi protagonisti di Mystic river. Anzi, ciò che accomuna le storie di questi due grandi film é proprio l’impossibiltà di scindere un bene ed un male nella vita quotidiana. Sono film che vanno oltre la morale in senso stretto e l’iperrealismo del finale, che a parer mio nasconde molto più di quanto non faccia vedere, è inoltre un ribadire che questa umanità dolente può avere il suo riscatto. La protagonista di The Million Dollar Baby alla fine ha avuto quello che ha voluto, assaporando la realizzazione di un sogno, e la sua morte "volontaria" diventa il segno della centralità che deve avere la libertà delle scelte individuali nella società umana.

Proprio in questi giorni, attorno al caso di Terri Schiavo, l’America è tornata ad interrogarsi e a dividersi sul tema dell’eutanasia. E’ vero, come dici tu, che uno strano vento oscuro e di paura soffia su quel Paese, ma é il vento dei fondamentalismi reazionari che hanno tirato la volata all’attuale presidente; è la stessa gente che non vuole permettere alla Schiavo di realizzare il suo diritto alla morte. E non credo proprio che a questi novelli "evangelizzatori" con pistola e cappello da cowboy il film di Eastwood sia piaciuto come lo splatterone di Gibson.

Il cinema non é la realtà, è una sua rappresentazione e se The Million Dollar Baby conserva un alto senso morale lo fa proprio nella descrizione di quanto la vita quotidiana possa essere sacra e quanto la libertà di  scelta e di autodeterminazione sia davvero l’ultimo sogno a cui speriamo l’America possa aggrapparsi. 

Ti saluto con affetto,

Marco Luceri

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