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Finalmente uno spettacolo al Teatro Metastasio

Dopo i doverosi saluti alla redazione di drammaturgia.it che inghirlanda ogni mia giornata con appetitosissimi articoli, vado a buttar giù due annotazioni sullo spettacolo di Brook Ta main dans la mienne. Ho letto la recensione di Sara Mamone (davanti alla quale incrocio le gambe ed abbasso il cappello) e in quelle poche righe non ho trovato l'entusiasmo che avrei creduto di leggere. Premetto che sono un abbonato del Metastasio e se ringrazio il teatro per questo spettacolo devo sinceramente biasimarlo per i precedenti... L'alchimista era a dir poco imbarazzante, Questi fantasmi portato in giro da Silvio Orlando di bassa qualità, il cast di Generali a merenda dovrebbe quantomeno approfondire il lato clownesco della propria interpretazione. Tutto questo per dire che... sì, ringraziamo il Metastasio, ma facciamolo sottovoce! Dio non voglia che pensino che tutte le scelte di questo cartellone siano state azzeccate.

Ma ritorniamo a Brook. Favoloso! Favoloso nella sua semplicità. Quella giostra di sedie che gira sul tappeto riesce a dare il senso di lontananza come pochi altri oggetti potrebbero fare. Quando Piccoli si ritrova a scrivere seduto su un lato, con una sedia vuota accanto, mentre la moglie da corrispondenza si scusa per le feste e le 'bivaccate' della notte precedente... Le luci sono apparentemente sobrie, eppure sempre presenti a mantenere vivo il rapporto tra vita (i due artisti) ed arte (la scrivania nel centro). Magistrale il finale che mette fine alla storia d'amore dei due. Piccoli gioiell: la dolcezza di Piccoli che pesca sullo sfondo usando il bastone, la sua mano che coglie il tempo esatto per andare sulla mano della Parry.

Il testo poi... meraviglioso, leggero, commovente, con uno scambio finale sulla transitorietà ed il senso della vita, chiaro e dolce come pochi scritti al mondo, plana tra le difficoltà dell'avvicinarsi ad un epistolario, balla tra la commozione e la dolcezza, sfiora la banalità, ma solo per far capire quanto possa essere facile la vita e l'amore se presi con leggerezza e semplicità. Sulla recitazione poi, niente da dire. Nei primi venti minuti ti domandi come fa un ottantenne ad impersonare un uomo di trentacinque, poi passi tutto il resto dello spettacolo a chiederti... ma Cechov è mai stato giovane?

La Parry forse subisce la grandezza del collega, è vero, ma mi domando: quale attrice non subirebbe il fascino di Cechov? Forse tutto risulta ancora più credibile e reale. Tanto ancora si potrebbe dire, ma basta... mi scuso per i troppi caratteri di questa lettera...

Un grazie ancora a Peter Brook

Marco Cappuccini

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