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Back in the U.S.S.R. (Il ritorno di Andrey Zvyagintsev)

Ho visto Il ritorno di Andrey Zvyagintsev (vedi nostra recensione nella sezione Cinema) circa un mese fa. Sono uscita un po' annoiata, sconcertata, irritata. Cosa c'era da capire? I film vogliono azione, movimento - a mio avviso - e quando tutto è immobile penso che sarebbe meglio leggere un libro.

Ma il film in realtà non è immobile: tre persone, sempre le stesse, percorrono un cammino senza meta. Allora mi sono chiesta: e se la meta fosse proprio un ritorno alla vita che offriva l'Unione Sovietica fino a qualche anno fa?

Sono psichiatra e devo, per deformazione professionale, osservare i comportamenti e la comunicazione dei personaggi. Ho visto questo padre attento, premuroso ma senza emotività, occuparsi dei figli. Li vuole forti, sicuri, capaci di difendersi e di affrontare nuove prove. Eppure mai un sorriso, una carezza, una confidenza. Un padre che non fa mancare nulla, ma pretende il massimo. Risolve le situazioni, come quando ripesca quelli che hanno picchiato e derubato i suoi ragazzi; offre abiti asciutti al figlio che ha abbandonato sulla strada, per punizione, perchè si opponeva ai suoi progetti; dà fiducia e orologio quando i ragazzi chiedono un'evasione con la barca, ma è pronto a picchiarli quando tornano in ritardo.

Insomma un padre che protegge ma che angoscia, come forse il regime fino a pochi anni or sono. Il figlio più grande potrebbe ancora cedere al fascino del padre onnipotente, ma il piccolo no, il piccolo pensa che il cibo può essere anche buttato, se uno non ha fame. Il piccolo non tollera l'attesa per il pranzo e se ha fame vuole mangiare subito.

Ho ascoltato alcuni russi di oggi che lamentano come costi la responsabilità delle proprie scelte. Il telefono, ad esempio, prima senza limiti di scatti e adesso non più, o il riscaldamento assicurato dal regime, ora da pagare secondo il consumo. Qualcuno da qualche parte nella propria mente o anche esplicitamente vagheggia un "ritorno" al regime. Altri stanno così bene, senza di esso, "con la mamma e con la nonna".

Le foto che scorrono alla fine non ritraggono mai il padre, che pure si tenta di riportare a casa per una degna sepoltura, ed è solo quando la barca affonda col suo carico di passato che anche il figlio più piccolo, il ribelle, quello che umanamente esprime rabbia, odio e domande, urlerà con voce angosciata il proprio dolore per avere perso il "padre".

Io ci ho visto questo, un riflettere sul passato, sul presente...

Fogliani

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